«Il Pd è un bene comune».


Ieri si è tenuta la Direzione nazionale del Partito Democratico.

Pier Luigi Bersani ha tenuto a sottolineare nel suo intervento che «Il Paese è nei guai», e che «servono la forza e le idee del partito democratico».

Vi proponiamo un riassunto della sua relazione con molti contenuti ed altrettante proposte. Buona lettura.

DoppiaM

LA CRISI INTERNAZIONALE.
I protagonisti che hanno provocato la crisi finanziaria sono ancora in campo. Non si vede ancora l’alleanza necessaria tra la politica che riprende il suo ruolo e l’economia reale. E si propone una drammatica contraddizione. Mentre la globalizzazione imporrebbe la ricerca di un governo condiviso a livello mondiale i meccanismi di ricerca del consenso portano invece verso posizioni di chiusura e di divisione. L’esempio lampante è quello della Germania, che con l’euro ha potuto guadagnare posizioni nell’espansione della propria economia, ma che davanti a un problema come quello greco, che rappresenta appena il 3 per cento del pil europeo, sembra interessata più a una punizione della spesa facile che alla salvezza dell’euro e dell’Unione.

L’EUROPA E LA CRISI.
Le destre, che hanno guidato fin qui l’Europa, cominciano a perdere consensi. Ma questo non significa che si realizzi un cambiamento con facilità. Siamo vicini a numerose elezioni. Francia, Germania, Polonia, Romania, Croazia. Saranno elezioni che si svolgono in una fase recessiva. Credo dunque che sarebbe bene avere una piattaforma europea dei partiti progressisti per avviare campagne elettorali radicali. Una piattaforma che punti alla crescita economica, senza la quale non si affronta il problema del debito; che chiarisca che lasciare affondare i paesi marginali significa segare i rami su cui tutti gli europei sono seduti; che riconosca che la diversa competitività dei paesi europei è un problema da mettere e affrontare in comune; che metta al centro il tema della domanda aggregata. Il Pd ha già avanzato in particolare il progetto di un’agenzia europea per gestire il debito pubblico che gli stati hanno accumulato per salvare i propri istituti finanziari dalla crisi, la tassazione delle transazioni finanziarie, l’emissione di eurobond per finanziare gli investimenti.
Noi italiani possiamo essere protagonisti di questa fase. Sapendo che ciò che è accaduto nelle ultime settimane è solo un’onda del mare della crisi. Gli investitori finanziari sono tornati a battere sul tasto della sfiducia sull’euro e sull’Europa.

L’ITALIA E LA CRISI
E’ chiaro a tutti che con una crescita bassa non si capisce come si potrà ripagare il debito. Per di più, dopo aver visto per tre anni questo governo, il mondo ha capito che non siamo credibili.
Fino a un mese fa, complice uno straordinario conformismo, si discuteva con i titoli a nove colonne sulla riduzione delle tasse. Ora ci troviamo nella condizione di dover subire manovre pesantissime.
La verità è che in questi tre anni non c’è stata una politica economica, né una politica industriale. Ci sono stati filosofemi. Messaggi e suggerimenti con continue oscillazioni, il fai da te, l’individualismo, poi sullo statalismo. Ma niente di risoluto o di sostanziale. E sono stati aboliti di fatto tutti i luoghi e tutte le possibilità di discussione e di confronto. Consigli dei ministri chiusi in cinque minuti. Fiducie a raffica. Non c’è stato un solo luogo dove discutere.

Quella del tenere in conti in ordine in questa condizione è stata una leggenda. Abbiamo tagliato la spesa per la scuola e abbiamo speso di più negli sperperi. Altro che riduzione della spesa pubblica. Nessuna vera riforma.

Quando sotto i colpi della speculazione siamo arrivati al dunque, abbiamo fatto bene a concedere l’accelerazione dei tempi. Ma qui si ferma la nostra responsabilità per una manovra approvata con la fiducia e che è sbagliata e iniqua. Se tocca a noi garantiamo che i saldi resti invariati, ma che correggeremo il senso della manovra.

Anzi noi in base alle proposte che abbiamo già elaborato siamo in grado di dare anche un altro contributo di qualità e di efficienza su quattro punti decisivi:

1. Il Risparmio nella Pubblica amministrazione. Nel documento che abbiamo approvato nella nostra assemblea nazionale ci sono moltissime indicazioni. Dobbiamo andare avanti anche con le nostre proposte istituzionali su province, Comuni, società comunali. Noi abbiamo dimostrato, quando abbiamo governato, di saper intervenire con efficienza. Certo potevamo anche fare di più. Ma non c’è dubbio che abbiamo fatto meglio.
In questo capitolo ci sono i costi della politica. Bisogna tirare una linea e presentare proposte concrete perché effettivamente il problema esiste. Dunque dobbiamo essere fermi nel determinare interventi e iniziative. Poi bisogna tirare la riga e da lì dobbiamo difendere a spada tratta la buona politica dall’antipolitica. Adesso che la destra capisce di perdere questo sta facendo: sta mettendo fango nel ventilatore per mandare tutto allo sfascio. Dunque dobbiamo intervenire effettivamente sulle cose che vanno cambiate. E poi da lì in poi lottare per difendere la buona politica. Dobbiamo fare anche in fretta, perché solo se intervieni sulle tue cose, come per esempio i vitalizi che noi vogliano riportare nell’alveo della previdenza che riguarda tutti gli altri cittadini iscritti all’Inps, sugli stipendi dei parlamentari da riportare nella media europea, sull’incompatibilità tra i diversi incarichi, sulle province, sui comuni, sulle società comunali, solo così puoi parlare e intervenire sui privilegi degli altri. E nella società italiana di situazioni di privilegio ce ne sono moltissime.
2. Il Fisco. Noi dobbiamo riequilibrare il carico fiscale. Chi ha di più deve dare di più.
3. Le liberalizzazioni.
4. La politica industriale.

IL QUADRO POLITICO.
Ma si può fare tutto questo con il quadro politico attuale? Può dare questo governo un’idea di stabilità? No. La strada maestra è quella del voto. Sono convinto che se si presentano programmi nuovi a confronto, tutti nella garanzia del rispetto dei saldi, e protagonisti nuovi, mercati e investitori capiranno.
Intanto non stiamo con le mani in mano. Con Idv e Sel stiamo discutendo le proposte di programma. Con l’Udc abbiamo concordato in Parlamento gli emendamenti alla manovra.
Se poi, dopo le dimissioni del governo, ci fossero le condizioni per la formazione di un governo di breve transizione per fare la riforma della legge elettorale, noi potremmo essere disponibili. Ma questo passaggio presuppone tempi stretti e che non restino al loro posto coloro che ci hanno portato fin qui.

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