La parte peggiore dell'Italia: un Ministro in fuga dalla realtà


L’Italia peggiore è quella che scappa.

Dal mondo reale e dalle domande scomode, addirittura prima che siano formulate. 
Se qualcuno non avesse ancora capito perché la maggioranza dei cittadini ha voltato le spalle al governo, troverà nel filmino «Brunetta e la Precaria» la rappresentazione plastica di uno sfilacciamento arrogante. 

Siamo a Roma, a un convegno sull’innovazione, e il ministro ha appena finito di parlare quando Maurizia Russo Spena, figlia di un ex parlamentare di estrema sinistra (orrore orrore), va al microfono per porgergli una domanda. Fa soltanto in tempo a qualificarsi: «Sono della rete di precari al servizio della pubblica amministrazione…» ed è come se a Brunetta avessero infilato due dita in una presa. «Grazie, arrivederci, buongiorno», la interrompe. La ragazza non ha ancora detto il suo nome, ma il ministro è in grado di fiutare una comunista anche a venti metri di distanza controvento. «Arrivederci, questa è la peggiore Italia!» e guadagna l’uscita.

Non è vero, come affermerà più tardi in un videomessaggio, che se ne sia andato dopo aver ricevuto insulti e per la sensazione di essere rimasto vittima di un agguato mediatico. Dal filmato emerge chiaramente che le urla «buffone, buffone» sono successive alla sua fuga ingloriosa, il cui epilogo ha una potenza d’immagini cento volte superiore alla sostanza dell’episodio: si vede il potente che sgomma via in auto blu, mentre un precario strattonato dalla scorta si piazza davanti alla macchina e grida: «Che fa, ministro, mi investe?». Sembra uno spot di «Annozero» sul distacco fra il Palazzo e i nuovi miserabili del panorama sociale italiano.

La sera prima, in tv da Lilli Gruber, Brunetta si era esibito in una tiritera luogocomunista sui giovani che lamentano la mancanza del posto fisso invece di andare a scaricare le cassette di frutta al mercato.
Ora, nel vasto campionario del precariato italiano, ci sarà anche una percentuale endemica di fannulloni e di schizzinosi.

Ma le storie che piovono ogni giorno sui tavoli delle redazioni raccontano una realtà diversa.

Raccontano di laureati costretti ad andare all’estero dopo aver attraversato decine di impieghi saltuari e sottopagati. Raccontano di giovani che invecchiano facendo di tutto, soprattutto i lavori più umili, nella vana attesa di trovare lo sbocco a cui li destinavano i loro studi e le loro attitudini. Raccontano di fallimenti professionali ed esistenziali, dovuti non all’incapacità della persona, ma a un sistema bloccato da troppi privilegi, in cui solo le conoscenze politiche e familiari consentono di ottenere ciò che il merito non basta mai a garantire.

La parabola del fustigator Brunetta racchiude la storia di questo governo e di questi anni.

Massimo Gramellini, La Stampa, oggi.

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