La magnifica differenza
Secondo Veltroni la sinistra non deve essere quella del Novecento, perché il mondo è un altro mondo.
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Cos’altro deve fare Donald Trump per far capire alla sinistra che è cominciato un nuovo tempo della storia? Cos’altro deve accadere perché la sinistra si accorga che il mondo occidentale sta slittando a destra? Lo dico così, in forma rozza e semplificata, perché mi rendo conto che forse non è più tempo di analisi strutturate, di riflessioni compiute.
Il che mi angoscia e mi deprime. Perché la politica è, in primo luogo, la bellezza della comprensione intellettuale del proprio tempo. È lo sforzo, la fatica di leggere i mutamenti sociali e culturali e, così, di ridefinire le proprie scelte programmatiche e politiche alla luce delle trasformazioni in atto.
E la bellezza della politica è fare tutto questo insieme, in una comunità di persone consapevoli dei pericoli e delle possibilità. Io vorrei che la sinistra si rendesse conto, è l’ansia espressa tante volte in questo appuntamento domenicale e purtroppo confermata dai fatti, che il circolo vizioso di recessione, crisi delle democrazie e dei partiti, rivoluzione tecnologica e antropologica sta spostando ampi settori dell’opinione pubblica lungo posizioni un tempo inimmaginabili.
Trump non è Bush, né il padre né il figlio, e neanche Reagan. Le sue scelte rompono lo schema tradizionale del bipartitismo democratico che ha retto la vita americana dalla fondazione. Trump si sente, lo ha detto all’insediamento, espressione di un movimento di estrema contestazione dell’esistente al quale corrisponde, basti vedere gli atti di questi giorni, con una radicalità di decisioni che investono il mondo intero, i suoi equilibri e le sue relazioni. Nulla è come prima, lo vogliamo capire?
Anche in Italia, si leggano i sondaggi, mentre a sinistra si pensa che la partita per il futuro governo sia tra il Pd e i Cinquestelle, basta fare la somma delle intenzioni di voto, crescenti, per i partiti della destra e si scoprirà che, già ora, la destra ha più consenso di tutti. E non ha un leader. Se lo trovasse, e rischia di farlo, sarà ancora più competitiva. E non si preoccuperà di coltivare ambiguità programmatiche tra le sue diverse forze.
Occorre capire che , nella pancia della società occidentale, si fa strada uno spirito di arroccamento, di rifiuto dell’altro, di nazionalismo e integralismo al quale la sinistra deve saper rispondere. Perché, questo è il dato dal quale dovremmo partire, la nuova fase aperta dal populismo di destra su scala mondiale apre anche grandi spazi valoriali e programmatici alla sinistra. Ma non basterà dire solo «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Servirà molto di più.
Un nuovo pensiero, una nuova capacità di condivisione dello smarrimento sociale. Serviranno umiltà e unità, due parole che fanno fatica a essere al primo posto nel vocabolario della sinistra. E servirà orgoglio di sé. Ma cos’è la sinistra?
Ieri Massimo Recalcati ha trovato le parole giuste, su questo prezioso giornale, per definirne i valori:
Il che mi angoscia e mi deprime. Perché la politica è, in primo luogo, la bellezza della comprensione intellettuale del proprio tempo. È lo sforzo, la fatica di leggere i mutamenti sociali e culturali e, così, di ridefinire le proprie scelte programmatiche e politiche alla luce delle trasformazioni in atto.
E la bellezza della politica è fare tutto questo insieme, in una comunità di persone consapevoli dei pericoli e delle possibilità. Io vorrei che la sinistra si rendesse conto, è l’ansia espressa tante volte in questo appuntamento domenicale e purtroppo confermata dai fatti, che il circolo vizioso di recessione, crisi delle democrazie e dei partiti, rivoluzione tecnologica e antropologica sta spostando ampi settori dell’opinione pubblica lungo posizioni un tempo inimmaginabili.
Trump non è Bush, né il padre né il figlio, e neanche Reagan. Le sue scelte rompono lo schema tradizionale del bipartitismo democratico che ha retto la vita americana dalla fondazione. Trump si sente, lo ha detto all’insediamento, espressione di un movimento di estrema contestazione dell’esistente al quale corrisponde, basti vedere gli atti di questi giorni, con una radicalità di decisioni che investono il mondo intero, i suoi equilibri e le sue relazioni. Nulla è come prima, lo vogliamo capire?
Anche in Italia, si leggano i sondaggi, mentre a sinistra si pensa che la partita per il futuro governo sia tra il Pd e i Cinquestelle, basta fare la somma delle intenzioni di voto, crescenti, per i partiti della destra e si scoprirà che, già ora, la destra ha più consenso di tutti. E non ha un leader. Se lo trovasse, e rischia di farlo, sarà ancora più competitiva. E non si preoccuperà di coltivare ambiguità programmatiche tra le sue diverse forze.
Occorre capire che , nella pancia della società occidentale, si fa strada uno spirito di arroccamento, di rifiuto dell’altro, di nazionalismo e integralismo al quale la sinistra deve saper rispondere. Perché, questo è il dato dal quale dovremmo partire, la nuova fase aperta dal populismo di destra su scala mondiale apre anche grandi spazi valoriali e programmatici alla sinistra. Ma non basterà dire solo «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Servirà molto di più.
Un nuovo pensiero, una nuova capacità di condivisione dello smarrimento sociale. Serviranno umiltà e unità, due parole che fanno fatica a essere al primo posto nel vocabolario della sinistra. E servirà orgoglio di sé. Ma cos’è la sinistra?
Ieri Massimo Recalcati ha trovato le parole giuste, su questo prezioso giornale, per definirne i valori:
«Per me sinistra significa priorità della giustizia sociale, difesa del valore del lavoro, visione trasformatrice della realtà, concezione solidaristica della vita, capacità di cambiamento, apertura all’incontro, concezione non immobile dell’identità, capacità di contaminazione, curiosità, spirito critico, disponibilità a parlare la lingua dell’altro, rinuncia a concezioni totalitaristiche della storia e della vita, difesa dei più deboli, rifiuto del mito del successo individuale».
Altro che fine della differenza tra destra e sinistra, baggianate da bar. Mai come oggi si deve vedere la magnifica differenza. Ma siamo in un nuovo secolo e la destra che combattiamo è la più estrema e pericolosa che ci sia stata nel nostro tempo.
La sinistra non deve essere quella del Novecento, perché il mondo è un altro mondo. Ma deve essere sinistra. Sinistra moderna, aperta, di popolo e forte di valori dei quali la società ha immensamente bisogno, prima che sia tardi.