Pensioni: Opzione donna e Ape sociale

È ingiusto fare parti uguali tra disuguali. La riforma Fornero penalizzò le donne con uno scalone di sette anni mentre di Quota 100 hanno beneficiato per il 70% uomini, come ci ricorda oggi la Vicepresidente dell’INPS Maria Luisa Gnecchi. 

Sono le donne ad entrare e uscire dal mercato del lavoro perché pressate dal lavoro di cura, da qui pensioni più basse e difficoltà a maturare i requisiti per le pensioni di anzianità. Precariato e discontinuità lavorativa si riflettono nelle pensioni delle donne senza che sia riconosciuto il lavoro di cura che hanno svolto. Servono politiche di condivisione, lo diciamo da tempo, ma intanto – se non vogliamo chiudere gli occhi di fronte a queste disuguaglianze e penalizzare le donne – occorre confermare Opzione donna, che non è un regalo, e rafforzare l’Ape sociale.

Lo afferma Cecilia D’Elia, Responsabile Politiche per la parità e Portavoce della Conferenza nazionale delle donne democratiche.

“Quota 100 è stata una fonte di disuguaglianze che ha portato in pensione una maggioranza di uomini benestanti e impoverito i giovani italiani, caricandoli di nuovo debito pubblico. È una misura che non può essere prorogata, ma nemmeno può essere sostituita dalla sua brutta copia. 

La pensione anticipata deve essere consentita alle categorie di lavoratori che svolgono gli impieghi più usuranti, e che sia mentalmente sia fisicamente non possono lavorare oltre una certa età. Non possiamo continuare a costruire misure eguali per diseguali. Da questo punto di vista, non ci si può dimenticare del doppio carico di lavoro delle donne, in famiglia e sul luogo di lavoro. Opzione donna deve essere rinnovata e occorre creare le condizioni perche’ diventi strutturale. 

Lo dichiara la Deputata Chiara Gribaudo, della Segreteria Nazionale PD. 

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