Afghanistan: la democrazia non si può esportare con la guerra

“La fuga caotica dell’Occidente da Kabul cancella anche quanto di buono è stato fatto per la società afghana.” 

Così a la Repubblica Enrico Letta in una intervista. “Ho sentito tutti i ministri competenti – racconta – e ho avuto un lungo colloquio con Josep Borrell, Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea. Sono ore decisive e non devono essere sprecate. Non possono essere questi i titoli di coda dell’impegno dell’Occidente in Afghanistan. Non basta il vertice dei ministri degli Esteri, va convocato subito un Consiglio europeo che cerchi di raddrizzare il possibile. Serve una UE unita e decisa, ora ogni distinguo è una diserzione. Questa è una guerra persa e bisogna limitarne gli effetti disastrosi.” 

Alla domanda se quella avviata dagli USA nel 2001 è solo una guerra persa o anche una guerra sbagliata, Letta risponde: “Una guerra disseminata di tanti, troppi errori, a cominciare dall’unilateralismo con cui è stata aperta e chiusa dagli Stati Uniti. Non si può infatti leggere la vicenda afghana slegandola dalla guerra in Iraq del 2003 e dalla over-reaction americana dopo l’attentato dell’11 settembre.” 

Una guerra sbagliata grazie alla quale il popolo afghano ha potuto vivere vent’anni libero dal giogo talebano. Pur con tutti i suoi limiti – dice Enrico Letta – l’Occidente è l’unica parte del mondo che spende soldi e vite umane per cercare di migliorare le condizioni di vita anche in altre parti. Ma alla crescista della società civile afghana non si è accompagnato il nation building, la costruzione della nazione. Quello che è accaduto a Kabul dimostra che si possono avere le migliori tecnologie, i soldi, le truppe, i droni, ma alla fine ci sono Paesi nei quali questo non basta a impiantare i valori democratici.” 

La democrazia non si esporta? No. È stato uno degli abbagli successivi alla caduta del muro di Berlino, insieme alla teoria della fine della storia, risponde. 

E aggiunge: L’impegno dell’Occidente in Afghanistan non è ai titoli di coda. Queste sono ore decisive per la sorte dell’Afghanistan, per le donne e gli uomini che vi abitano. Ma per limitare le conseguenze disastrose del regime totalitario serve un’Unione Europea unita e decisa. 

Intanto: evacuazione ordinata e creazione di corridoi umanitari. Sono questi i primi passi per esserci e non girarci dall’altra parte. Anche l’Italia può fare la sua parte.” 

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