"Mi chiedo che Paese siamo diventati"

il presidio in ricordo di Pasquale Romano

Roberto Saviano ha provato a scrivere su  Repubblica di ieri tutta la sua rabbia per la morte di Lino Romano, ragazzo innocente ucciso dalla camorra.

Il trentenne di Cardito ucciso a Napoli nel quartiere di Marianella non era il vero obiettivo dei sicari,
 che volevano colpire un elemento già noto alle forze dell'ordine e legato al mondo dello spaccio.

"Per quanto ormai senta inutili le mie parole - scrive Saviano - provo a capire che paese è quello in cui un ragazzo va a salutare la propria fidanzata e viene".

"Mi chiedo che Paese siamo diventati. Che Paese è quello in cui un ragazzo va a salutare la propria fidanzata prima di una partita a calcetto, scende di casa e viene massacrato da una sventagliata di mitra. Che Paese è quello in cui i media considerano questa, tutto sommato, una notizia che può esser data in coda alle altre, e non la notizia principale, da dare per prima. Una delle tante. Quel ragazzo si chiamava Pasquale Romano: lo chiamavano Lino, ma nessuno ricorda già più il suo nome."

Come è stato possibile assuefarsi a tutto questo? Forse si pensa che se accade lì, in terre di clan, è "normale"? È così? La democrazia nel mezzogiorno italiano è morta il 15 ottobre 2012, insieme a Lino Romano, e insieme a lui è stata seppellita ieri, dopo i funerali. Ed è morta non solo perché Lino è caduto innocente, ma perché per urlare che si trattava dell'ennesimo ragazzo innocente ucciso a sangue freddo e senza motivo, si è aspettato di capire a che famiglia appartenesse, chi fossero i suoi parenti. Ma perché - mi domando - se avesse avuto un lontano parente affiliato o coinvolto in fatti di camorra, sarebbe stato forse meno innocente?
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Gli uffici del Comune di Napoli dovrebbero essere spostati a Scampia. Le sedi attuali, eleganti, centrali, pompose, non rispecchiano più l'anima della città. Il cuore di Napoli ora è nelle sue periferie, è lì che la città pulsa e muore.

Anni fa uccisero un ragazzo innocente vicino Napoli. Portarono via il corpo, rimase il sangue a terra. Ricordo che un uomo, forse un prete, si inginocchiò dinanzi a quel sangue, mischiato alla segatura. Come a cercare di chiedere scusa a quella vita che voleva scorrere e che invece era stata costretta a seccarsi nei trucioli. Poi arrivò un'auto. Diede un colpo di clacson. L'uomo fu costretto ad alzarsi. L'auto parcheggiò lì, sul sangue. Tutto finito

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DoppiaM

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