L'Europa in bilico


Ieri, e ancora oggi, Spagna e Italia sotto pressione.

Ma ormai in gioco non ci sono solo questioni economiche e tecniche. Il problema riguarda ormai l’esistenza dell’euro e dell’Europa, con l’opinione pubblica tedesca e dei paesi del Nord che non intendono mettere in campo una difesa comune. E nemmeno fare presto nell’apprestare le difese decise nella riunione del 29 giugno scorso a Bruxelles.

In assenza di uno scudo anti spread funzionante, ormai tocca alla Banca centrale europea scendere in campo e intervenire contro la speculazione.

“L’ultima ridotta di Francoforte” titola oggi significativamente Il Sole 24 Ore (a Francoforte c’è la sede della Banca centrale europea) un articolo di Adriana Cerretelli in prima pagina: “A la guerre comme à la guerre. Non c’è più tempo per trastullarsi facendo finta di nulla, per continuare a scherzare con il fuoco nell’illusione dell’invulnerabilità, per marciare solo al ritmo di diktat, dogmi, inviolabili regole ferree. Dopo due anni e mezzo di questa cura, l’euro sta per arrivare al capolinea: deflagrazione e poi buio oltre la siepe”.

Certo, la ricerca di sicurezza sta facendo affluire grandi capitali sui titoli di Stato tedeschi e dei paesi del Nord, che ormai finanziano il proprio debito a un tasso di interesse che non ripaga nemmeno l’inflazione.

Ma, a parte la pancia dell’opinione pubblica, non è possibile che nei governi e al vertice delle grandi istituzioni bancarie e finanziarie ignorino i rischi che queste tensioni comportano anche per la Germania, l’Olanda e gli altri paesi forti.

La verità è che c’è anche qualcosa di più.

Si punta a fare in modo che l’Italia, il paese più forte tra quelli del Mediterraneo insieme alla Francia, si pieghi a chiedere aiuto per impedire che un asse Roma-Parigi possa imporre all’Europa una linea diversa da quella tedesca.

C’è molta politica in questa situazione, non solo per quanto riguarda l’Europa. A cento giorni dalle elezioni in Usa il presidente Barack Obama si trova a fronteggiare la possibilità di una crisi che impedirebbe alla Casa Bianca di presentare qualche risultato positivo in termini di occupazione ed economia, a tutto beneficio dei repubblicani fortemente sostenuti dai grandi potentati della finanza. E forse non è un caso se Mitt Romney, candidato repubblicano, abbia in programma un viaggio in Europa proprio in queste settimane.

In questa situazione, Silvio Berlusconi ha avviato una strategia nuova, con una doppia linea: da un lato fa di tutto per lasciare Monti al suo posto, mostrando la necessità di una risposta comune al rischio crisi, e intanto blocca qualsiasi possibilità di un passo in avanti nella riforma della legge elettorale per evitare rischi di accelerazione; dall’altro, usa i suoi giornali, le sue tv, gli uomini e le donne piazzati negli anni negli altri media per bombardare ogni giorno il governo Monti, instillare il dubbio che si stava meglio quando si stava peggio, che come dimostra lo spread lui non c’entrava niente nella crisi.

Da qui, le forzature al Senato, dove il Pdl e la Lega ieri hanno approvato da sole il semipresidenzialismo (come se ci fossero i tempi e le possibilità di approvare davvero quelle formule): l’intento è evidente. Con queste mosse hanno bloccato ogni discussione possibile sulle riforme istituzionali preparate e discusse in tanti mesi, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, e frenato la riforma della legge elettorale.

E intanto, mentre Vittorio Feltri inneggia alla coesione nazionale e dice che bisogna stare tutti insieme per il bene dell’Italia, il giornale che ospita i suoi articoli spara a palle incatenate contro Monti, rilanciando l’idea che con Berlusconi si stava meglio.

Anche per svelare questo bluff, ieri il segretario Bersani ha rilanciato sulla riforma delle legge elettorale che per il Pd resta decisiva: “Nonostante lo sgambetto di oggi sul semipresidenzialismo, non rinunciamo ad un confronto sulla riforma elettorale. Noi siamo pronti anche domani mattina e già in agosto a passare in Parlamento per un primo ok".

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