A cosa servono le Olimpiadi?


Questa la risposta di ieri, di Massimo Gramellini, nel suo Buongiorno su La Stampa.

A cosa servono le Olimpiadi?

A ricordarci che esiste una dimensione della vita che prescinde dalla depressione.

Leggo e ascolto commenti acidi sui Giochi della Crisi, utilizzati dal potere come arma di distrazione di massa. Mentre qualche miliardo di allocchi telecomandati si riempirà il cranio con le imprese sportive - è il ragionamento in voga - i padroni del vapore procederanno indisturbati a ingannare e affamare il popolo beota.

A parte che queste poco emerite attività vengono dispiegate incessantemente da anni senza alcun bisogno del paraocchi olimpico, rifiuto quel devastante effetto collaterale della crisi che ci induce a vivere ogni momento di gioia con un senso di colpa.

Invece mai come adesso sarebbe utile lasciarsi andare alla seduzione dell’estate. Innamorarsi e godere, anche di niente: di una carezza, di un tramonto e, perché no?, di un centometrista giamaicano che sfreccia dentro il televisore al culmine di una serata afosa.

Le Olimpiadi, a saperle guardare con quel pizzico di retorica che nello sport non guasta, sono una fabbrica di stimoli corroboranti. Storie di persone provenienti da ogni ripostiglio del pianeta che ci raccontano come si insegue un sogno, come si coltiva un talento, come si impara a vivere in rimonta, con rigore e sudore, pur di migliorare se stessi. Magari imparassimo a distrarci con questo genere di armi.

Torneremmo all’olimpiade quotidiana della crisi un po’ più convinti che in fondo al rettilineo possa esserci una medaglia anche per noi.

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