Immigrazione: l'Italia paga per le scelte precedenti
La politica migratoria del governo Berlusconi continua a perdere pezzi. A picconare i pacchetti sicurezza e la Bossi-Fini sono stati i tribunali ordinari, il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione, la Consulta e la Corte di giustizia dell'Unione europea.
Oggi si è aggiunta la Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato all'unanimità l'Italia per i respingimenti verso la Libia.
Il 6 maggio 2009, a 35 miglia a sud di Lampedusa , in acque internazionali, le autorità italiane avevano intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza. I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione e senza avere la possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia.
Le successive condizioni di vita in Libia dei migranti respinti il 6 maggio 2009 sono state drammatiche: la maggior parte è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici, dove ha subito violenze e abusi di ogni genere.
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha ritenuto violato l'articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, che riguarda i trattamenti degradanti e la tortura; l'Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.
La sentenza della Corte "sarà ricevuta e valutata con grande attenzione dal governo italiano e ci farà pensare e ripensare alla nostra politica per l'immigrazione", ha detto il Ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi.
Il giorno dopo quel respingimento, l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni si vantò di questa nuova “politica” del Governo italiano. Oggi quella scelta è stata pesantemente condannata, e rappresenta un monito per il futuro, come scrive qui Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Oggi si è aggiunta la Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato all'unanimità l'Italia per i respingimenti verso la Libia.
Il 6 maggio 2009, a 35 miglia a sud di Lampedusa , in acque internazionali, le autorità italiane avevano intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza. I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione e senza avere la possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia.
Le successive condizioni di vita in Libia dei migranti respinti il 6 maggio 2009 sono state drammatiche: la maggior parte è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici, dove ha subito violenze e abusi di ogni genere.
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha ritenuto violato l'articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, che riguarda i trattamenti degradanti e la tortura; l'Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.
La sentenza della Corte "sarà ricevuta e valutata con grande attenzione dal governo italiano e ci farà pensare e ripensare alla nostra politica per l'immigrazione", ha detto il Ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi.
Il giorno dopo quel respingimento, l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni si vantò di questa nuova “politica” del Governo italiano. Oggi quella scelta è stata pesantemente condannata, e rappresenta un monito per il futuro, come scrive qui Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).