Riforma elettorale: la proposta depositata dal PD
Pier Luigi Bersani, nei giorni scorsi, è tornato a ribadire l'impegno del Pd per la riforma della legge elettorale, assolutamente necessaria, anche dopo la bocciatura del referendum per l'abolizione del porcellum da parte della Corte Costituzionale.
Il Partito Democratico è l’unica forza politica ad aver presentato formalmente la propria proposta di riforma elettorale in Parlamento.
«La nostra proposta c'è, ora incalziamo gli altri», ha detto Bersani, che intende quindi stanare le altre forze politiche sulla legge elettorale.
Il leader dei Democratici ha discusso brevemente dell'argomento anche con Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini il giorno dell'incontro a Palazzo Chigi con Mario Monti. E l'idea che si è fatto è che il problema non sia tanto di tempi o modi: «Il problema è la volontà politica di superare l'attuale legge, quindi noi vogliamo capire chi vuole una nuova legge elettorale e chi vuole invece andare al voto con quella attuale».
Per il Pd andranno mantenuti tre paletti: bipolarismo, possibilità per gli elettori di scegliere i candidati e per i partiti di scegliere gli alleati.
La proposta formulata dal PD basata su questi 8 punti:
1. Un mix per l’assegnazione dei seggi per la Camera dei Deputati, la quale avviene mediante tre diversi “canali”: collegi uninominali maggioritari, una quota proporzionale distribuita su base circoscrizionale e una quota nazionale di compensazione;
2. L’elettore dispone di una sola scheda, su cui vota solo per un candidato di partito in collegi uninominali; il voto, automaticamente, è attribuito anche alla lista del medesimo partito presentata per ciascuna circoscrizione.
3. Una quota pari al 70% dei seggi in palio (corrispondente a 433 seggi) è attribuita agli eletti in collegi uninominali maggioritari a doppio turno. E’ eletto al primo turno il candidato che ottiene la metà più uno dei voti validamente espressi; altrimenti si da' luogo ad un secondo turno aperto a tutti i candidati che abbiano ottenuto una percentuale pari ad almeno il 10% dei voti degli elettori iscritti nelle liste elettorali. È prevista la possibilità, da esprimere entro il primo venerdì successivo allo svolgimento del primo turno, di rinunciare a presentarsi al secondo. Nel secondo turno è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti.
4. Una quota pari al 28% di seggi (corrispondente a 173 seggi) è attribuita con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale. E’ previsto lo scorporo, per ciascun partito, dei voti ottenuti al primo turno dei candidati eletti nei collegi uninominali sia al primo che al secondo turno. Per l’attribuzione di questi seggi è prevista una soglia circoscrizionale di sbarramento pari al cinque per cento dei voti validi.
5. Una quota di seggi pari a 12 (diritto di tribuna) è attribuita con metodo proporzionale alle liste nazionali corrispondenti ai partiti che non siano riusciti ad eleggere candidati né nei collegi uninominali né nelle liste circoscrizionali collegate. Per l’attribuzione di questi seggi viene applicato il metodo d’Hondt tra le liste si siano presente in almeno 5 circoscrizioni.
6. Infine, è previsto che sia possibile candidarsi contemporaneamente in ciascuna delle tre “quote”, ma con un massimo di una sola candidatura in un collegio e in una lista regionale.
7. L’assegnazione dei seggi per il Senato della Repubblica avviene solo attraverso due “canali”, per garantire il rispetto dell’articolo 57 della Costituzione, il quale richiede che venga eletto “su base regionale”: collegi uninominali, per una quota pari al 70% del totale dei seggi in palio (216 seggi) e una quota proporzionale distribuita su base circoscrizionale (Camera) per una quota pari al 30% del totale (93). Non viene dunque prevista la quota nazionale di compensazione.
8. Per la pari opportunità fra i generi, sono previste due misure specifiche: nel complesso delle candidature (uninominali e circoscrizionali) nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento, le liste circoscrizionali devono prevedere l’alternanza di genere nella successione dei candidati e le liste nazionali devono prevedere l’alternanza di genere nella successione dei candidati e nelle candidature di una stessa lista nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.