La mafia al nord esiste


110 condanne fino a 16 anni 
nel maxi-processo alle cosche in Lombardia.

Questo il verdetto, pronunciato sabato dal Tribunale di Milano, dopo 32 ore di camera di consiglio.

Al termine dell'udienza a porte chiuse, molti dei detenuti hanno urlato e applaudito ironicamente all'indirizzo della corte e degli stessi avvocati che li hanno difesi nel corso del processo.

Ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera

"La sentenza riguardava due terzi dei 170 arrestati nel luglio 2010 dall'Antimafia milanese del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dei pm Alessandra Dolci e Paolo Storari nel blitz coordinato con il fermo di altre 130 persone da parte della Procura di Reggio Calabria di Giuseppe Pignatone: una operazione che, a detta allora dei gip Ghinetti e Gennari, «a dispetto dell'apparente "non visibilità" del fenomeno 'ndranghetista in terra lombarda» comprovava «che la Lombardia è già da tempo sede stanziale di gruppi organizzati anche con modalità militare, che rivendicano e purtroppo realizzano un controllo del territorio antagonista a quello dello Stato», intuibile nei 130 attentati incendiari a danno di imprenditori e nei 70 episodi intimidatori negli ultimi tre anni in Lombardia pur senza denunce"

La sentenza ha una portata storica, 
perché mostra la permeabilità del tessuto sociale, 
politico e imprenditoriale lombardo all'aggressione della ‘ndrangheta.

Inoltre emergono i tanti legami a doppio filo tra la Lombardia, luogo in cui la sentenza ha sancito l’esistenza di cellule criminali ben definite e tra loro interdipendenti e Reggio Calabria.

Si dimostra quindi che la mafia al nord esiste (molti i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa) e che non bisogna abbassare la guardia e sottovalutare il problema derubricandolo a semplice criminalità, come in passato è stato fatto, anche da autorevoli esponenti delle istituzioni (purtroppo).

DoppiaM

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