Mafia, il portafoglio è al Nord


Oggi il Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Pisanu, ha presentato la sua relazione di metà legislatura.

Pisanu ha detto che le mafie in Italia «si sono globalizzate e sono entrate a far parte anche della cosiddetta "questione settentrionale"».

Oltre alle quattro tradizionali regioni interessate (Sicilia, Puglia, Calabria e Campania), dove la mafia si mangia il 20% del prodotto interno lordo, la relazione ha messo in evidenza un progressivo spostamento delle pratiche e degli interessi mafiosi ben oltre i confini del Mezzogiorno, verso Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Liguria e Piemonte.

Quale allora la possibile via d'uscita? Non basta, secondo Pisanu, evocare «la teoria dei due tempi, cioè che la mafia possa essere debellata nel Mezzogiorno, prima con le forze di polizia e poi con la riforma economica, sociale e culturale. E' una mera illusione. Si deve invece procedere simultaneamente su entrambe le linee».

Quale rischio altrimenti? «Che le mafie, colpite militarmente al Sud, continueranno a crescere economicamente al Nord».

Non è mancata, infine, una forte denuncia da parte di Pisanu: «Non si sono mai visti tanti interessi criminali scaricarsi pesantemente, senza neanche il velo della mediazione, sugli enti locali, sulle istituzioni regionali e sulla rappresentanza parlamentare. Mi chiedo come sia possibile battere militarmente la mafia, se non la si sconfigge contemporaneamente sul terreno dell'economia, delle relazioni sociali, della pubblica amministrazione e della stessa moralità politica».

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