Meloni butta 800 milioni per deportare migranti
“Il governo di Giorgia Meloni alza le tasse e sperpera quasi un miliardo di euro dei contribuenti per i centri migranti in Albania, in spregio ai diritti fondamentali delle persone e alla recente sentenza europea sui rimpatri che fa scricchiolare l’intero impianto dell’accordo con l’Albania. Potevamo usare quelle risorse – sottolinea Schlein – per accorciare le liste di attesa o per assumere medici e infermieri. Adesso abbiano la decenza di non chiederci più dove tiriamo fuori i soldi per la sanità, è gravissimo aver scelto di depotenziare il servizio sanitario nazionale nonostante ogni anno più di quattro milioni e mezzo di persone in Italia non riescano a curarsi”.
La sentenza della Corte UE del 4 ottobre scorso, a cui fa riferimento Schlein, ribadisce quali siano i criteri per definire “sicuro” un Paese, e afferma che un Paese è sicuro per tutti o non lo è per nessuno, mettendo in crisi l’impianto del governo. Lo scorso 7 maggio, attraverso un decreto interministeriale, era stato allargato l’elenco dei Paesi considerati “sicuri”, in cui possono essere rimpatriati i richiedenti asilo. Ma basta scorrere la lista per rendersi conto che molti tanto sicuri non sono. Oltre ad Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia, e Tunisia, si sono aggiunti quest’anno anche Bangladesh, Sri Lanka, Camerun ed Egitto, ma anche Colombia e Perù.
Conclude Stefano Graziano, Capogruppo PD in Commissione difesa alla Camera: “Il PD ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere quanto è costato il Centro per i migranti in Albania. Abbiamo appreso che è partita la prima nave verso l’Albania con 16 migranti a bordo. Vorremmo sapere anche quanto è costato questo trasferimento e perché abbiamo fatto una cosa del genere visto il numero esiguo di migranti sulla nave da trasferire. Penso che il governo stia bruciando dei soldi che invece potrebbero essere messi su altri servizi, sulla sanità, sulle politiche sociali, in generale per dare forza alle fragilità. Ci sono persone – ha aggiunto Graziano- che oggettivamente non riescono ad arrivare a fine mese e soprattutto oggi assistiamo ad una nuova piaga quella del lavoro povero: ossia chi lavora non riesce nemmeno ad arrivare ad avere uno stipendio di un minimo di nove euro all’ora. Noi abbiamo chiesto che il minimo salariale potesse essere stabilito a nove euro l’ora ma c’è stato risposto di no”.