Nuova strage di migranti
Si continua a morire in mare nei viaggi della speranza. Giovedì 12 novembre, sono state cento le persone che hanno perso la vita in due naufragi al largo della Libia.
Due naufragi sono costati la vita a quasi 100 persone. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha parlato di 74 vittime al largo della Libia, in 120 venti erano a bordo dell’imbarcazione, 47 i sopravvissuti. Stesso luogo e altri 20 migranti in un secondo naufragio reso noto da Medici senza frontiere.
Venerdì la Guardia costiera italiana ha soccorso e portato a Lampedusa i 169 migranti che viaggiavano a bordo di due imbarcazioni segnalate dalla rete Alarm Phone. Una motovedetta partita per soccorrere una prima imbarcazione con 90 persone a bordo ha intercettato la seconda con altri 79 e poi dopo il trasbordo ne ha recuperati altri 90. In zona c'erano anche 4 o 5 barchini, soccorsi da unita' della Guardia di finanza con l'assistenza di un'altra motovedetta della Guardia costiera.
Otto i naufragi dal primo ottobre, 900 le persone annegate nel Mediterraneo nel 2020, ma si teme siano molte di più. L’agenzia Onu ribadisce il proprio appello alla comunità internazionale e aggiunge che la Libia non è un porto sicuro per riportare i migranti. Stesso appello da Emergency e Open Arms, l’unica nave umanitaria impegnata in mare. Entrambe ribadiscono la necessità di un meccanismo di soccorso europeo che abbia come priorità la difesa della vita.
C’è soltanto la Open Arms, nessuno si muove e la gente continua a morire e che non si dica che i migranti debbono stare dalle loro parti, perché così siamo in pace noi e sono in pace loro. Come facciamo a stare in pace di fronte a questa ecatombe che quotidianamente insanguina il Mediterraneo?
La politica non deve avere paura dell'opinione pubblica che purtroppo vive di certe derive di carattere ideologico e sovranista e che hanno condotto verso approdi disumani, ma deve affrontarla a testa alta e in onestà.
Il fenomeno migratorio, che non è iniziato ieri e non finirà domani, e che deve essere affrontato a livello internazionale, con una concertazione politica, economica e culturale tra le nazioni e tra coloro che, nelle istituzioni internazionali, hanno la possibilità di orientare la riflessione e anche le scelte politiche e diplomatiche.