Sondaggi, ipotesi sulla crescita Pd e sul calo M5S



La sintesi di quello che sta avvenendo negli orientamenti elettorali degli italiani l’ha fornita Ilvo Diamanti su Repubblica: “Secondo le stime di Demos il Pd ha superato di nuovo il M5S. Di poco. Un punto solamente. Sufficiente però a cambiare le gerarchie elettorali”.
Diremmo noi che cambia il quadro “psicologico”, liberando il Pd – che si era visto scavalcato da un M5S che pareva inscalfibile – dalla grande paura seguita alla sconfitta referendaria del 4 dicembre.
I motivi della ripresa del Pd sono a nostro avviso quattro.
1. Il “combinato disposto” ritorno di Renzi-scissione dell’ala dura-accettazione del risultato delle primarie da parte di Orlando e Emiliano risponde a quello che militanti e elettori del Pd vogliono: saldezza di leadership e meno conflittualità interna.
2. La scissione, dopo un primo momento, è stata assorbita. Mdp, secondo i sondaggi, è sul 3-4%: non pochissimo ma neppure quello che una nuova forza politica, col suo carico di novità, può portare a casa. Né va molto meglio a Sinistra italiana. Già punite dal “voto utile”: un riflesso dell’elettorato ormai ineliminabile.
3. L’affluenza alle primarie, ancorché notevolmente più bassa della volta precedente, ha segnalato che il Pd è una realtà vera che può contare su decine di migliaia di attivisti (per le primarie si sono mobilitate circa 80mila persone): nessun partito può altrettanto.
4. Probabilmente un effetto-Macron, a livello psicologico oltre che politico, c’è stato. Nel senso che la schiacciante vittoria della cultura di governo contro l’estremismo che si è avuta in Francia aiuta anche da noi chi mostra una maggiore affidabilità e competenza.

Ecco la sintesi di tutti sondaggi al 12 maggio elaborata da Termometro politico.

Vedi i grafici sul sito de L'Unità.

Il M5S sempre forte ma perde appeal. Perché?
1. Gli errori, le gaffe pesano. Errori politici (il caso Cassimatis a Geniva) e comunicativi (Di Battista sui vaccini gratuiti), perduranti disastri (Raggi e l’emergenza rifiuti), incomprensibili campagne (Di Maio sulle Ong): tutto questo ha inciso negativamente sull’elettorato pentastellato.
2. M5S continua a soffrire anche per una evidente indeterminatezza su questioni fondamentali: sull’euro non si è capito come la pensi (la doppia moneta è durata lo spazio di un mattino); sulla legge elettorale dice no a tutto; in generale, sull’economia resta vaghissimo.
3. Infine, un dubbio: non è che i nuovi Di Maio-Di Battista-Taverna-Toninelli eccetera non appaiono più tanto nuovi? Non è che c’è un logoramento dell’immagine dei capi – senza dire di un Beppe Grillo sempre più eccentrico e di un Davide Casaleggio troppo evanescente?
Merita di essere riportato ciò che segnala Paolo Natale (Ipsos) per Stati Generali.it: “I flussi di voto provenienti dalle altre forze politiche in direzione M5s si sono improvvisamente fermati: Lega, Sinistra radicale, Forza Italia e, soprattutto, potenziali astensionisti non guardano più al movimento come ricettacolo del proprio voto. Il tasso di fiducia degli elettori non pentastellati nei suo confronti si è ridotto in maniera significativa, dal 25-30% al 15%, quasi dimezzandosi. I giudizi sui leader a 5 stelle, Grillo, Di Maio e Di Battista (a livello nazionale) e soprattutto Raggi (a livello locale) non sono più così positivi come un tempo. E, soprattutto, il tradizionale indicatore “winner”, la profezia cioè su chi vincerà le prossime elezioni, non indica più il M5s come protagonista incontrastato del voto degli italiani. E’ diventato una forza politica gettonata più o meno come gli altri schieramenti, senza brillare più di luce propria“.
Conclusione.
Come ha notato Diamanti siamo al consolidamento del tripolarismo Pd-M5S-destra (ma quale destra al momento non si sa). Abbiamo già scritto che sottobraccio prende corpo il “voto utile” proprio perché la gara per il governo è a tre. Se il quadro è questo – e senza sconvolgimenti radicali (la vicenda Etruria?) rimarrà tale – tutto dipenderà dalla legge elettorale e dalla data del voto.
Il punto fondamentale – ci pare – è che la sfida per il governo è aperta ma che adesso il M5S non è più il vincitore annunciato come sembrava qualche mese fa.

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