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Sondaggi, ipotesi sulla crescita Pd e sul calo M5S

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La sintesi di quello che sta avvenendo negli orientamenti elettorali degli italiani l’ha fornita  Ilvo Diamanti  su Repubblica: “Secondo le stime di  Demos  il Pd ha superato di nuovo il M5S. Di poco. Un punto solamente. Sufficiente però a cambiare le gerarchie elettorali”. Diremmo noi che cambia il quadro “psicologico”, liberando il Pd – che si era visto scavalcato da un M5S che pareva inscalfibile – dalla grande paura seguita alla sconfitta referendaria del 4 dicembre. I motivi della ripresa del Pd sono a nostro avviso quattro. 1. Il “combinato disposto” ritorno di Renzi-scissione dell’ala dura-accettazione del risultato delle primarie da parte di Orlando e Emiliano risponde a quello che militanti e elettori del Pd vogliono: saldezza di leadership e meno conflittualità interna. 2. La scissione, dopo un primo momento, è stata assorbita. Mdp, secondo i sondaggi, è sul 3-4%: non pochissimo ma neppure quello che una nuova forza politica, col suo carico di novità, può portar
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Nessuna novità sulla legge elettorale, anche per questo Gentiloni va avanti. Mario Lavia, dal sito unità.tv ci racconta l'assemblea nazionale del Pd. Meno assertivo del solito, un pochino meno polemico, consapevole dei limiti del Pd che lo ha richiamato alla guida (ove mai l’avesse realmente abbandonata) alla Assemblea nazionale di oggi si è visto un Renzi bifronte: molto “coperto” sulla prospettiva politica, molto “aperto” all’idea di un nuovo partito-comunità. Già: web, circoli, volontariato, società. Persino la (bella) proposta delle “magliette gialle” domenica per ripulire Roma. E le tre parole-chiave gettate nel dibattito pubblico sfidando le sicure ironie di social e politicanti: lavoro, casa, mamma. Pensieri e parole che entrano poco nei discorsi dei leader politici. Ma Renzi ci crede, a questa riconversione sociale del Pd. Accetta la sfida dei grillini sulla Rete, appare insoddisfatto di come funziona il partito, ma non è chiarissimo (a parte la piattaforma Bob) cosa a

Renzi oltre le attese, flop Emiliano, Orlando così così. Una prima analisi

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Non si è valutato abbastanza che in questi anni la base del Pd è cambiata molto. Cosi  Mario Lavia  sull' Unità. Giunti  in vista del traguardo finale  del congresso nei circoli Pd si possono avanzare le prime riflessioni su un risultato che, punto più punto meno, ormai sembra abbastanza consolidato. E che vede  la vittoria di Matteo Renzi con una percentuale che – secondo i dati della Commissione nazionale – è al 69%, davanti a Andrea Orlando col 27% (ma gli “orlandiani” contestano e parlano di oltre il 30%) e Michele Emiliano con il 4%. I numeri potranno cambiare (è probabile che Emiliano superi quel 5% indispensabile per correre alle primarie) ma – dicevamo – le grandezze sono più o meno queste. Da tenere presente che  l’affluenza finora è del 60%, più alta dell’ultimo Congresso del 2013  (Renzi-Cuperlo-Civati-Pittella) di 7 punti. Se l’affluenza restasse così ci sarebbe un primo elemento di riflessione. E cioè che pur con mille problemi  il Pd resta l’unico partit