Andrea Orlando schiera le truppe per rifondare il Pd.
Oggi, dopo avervi presentato le candidature di Michele Emiliano e Matteo Renzi vi presentiamo quella di Andrea Orlando. Si vota il 30 Aprile.
All’uscita un militante soddisfatto esclama: “Andrea è uno di famiglia”. Al suo fianco un altro aggiunge: “Mi piace perché ha un’aria triste, come quella di Enrico”. Firenze, tardo pomeriggio di lunedì. L’Obihall, dove l’ex premier, iniziò la sua campagna #bastaunsi riscopre un orgoglio antico, nel senso di orgoglio di partito ordinato, solido. Andrea Orlando, l’ultimo figlio del partito a candidarsi alla guida del Pd, si presenta così, nella capitale del renzismo e della Rottamazione: “Non sarò l’uomo solo al comando, voglio fare solo il segretario del partito e avrò uno stile diverso da Renzi. Sinora le discussioni negli organi si concludevano, dopo infuocati dibattiti, con la parola magica ‘contiamoci’. Non sarà più così”. L’applausometro segnala, assieme a questa, un’altra frase che dà il senso del messaggio: “Siamo arrivato qui con dei candidati che non mi pare si risparmino colpi e ritengo che il Pd rischi di non sopravvivere ad una lotta nel fango e quindi ho ritenuto opportuno mettermi in gioco”.
Orlando è il più anti-mediatico dei tre candidati. E anche l’unico che, prima di candidarsi, non ha sentito il bisogno di incontrare Silvio Berlusconi, come fece Renzi ad Arcore ed Emiliano a Roma (come ha scritto il Corriere). Per un’ora parla di “un nuovo Pd”, “da rifondare”, di un “partito nuovo per una fase nuova” di povertà, periferie, dei limiti della rottamazione, presenta la sua candidatura come una necessità, non come uno sfoggio narcisistico, tratto che accomuna i suoi competitor: “Come sapete non sono neanche un grande oratore, però insieme, possiamo farcela”. L’organizzatrice dell’evento è la parlamentare Elisa Simoni, una tosta. Il “babbo” di Renzi la chiama la zarina. Seduta accanto Silvia Velo, orlandiana di ferro. Le sale sono un fatto politico: telefonate, incontri, percorsi comuni. C’è l’ex governatore della Toscana Claudio Martini, l’assessore regionale Ceccarelli, l’ex presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci, quello della provincia di Siena Simone Bezzini, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, parecchi sindaci fra Valdarno e livornese. Insomma, non è che metti un cartello e la gente arriva, visto che in contemporanea gioca la fiorentina.
Firenze, sala come si faceva una volta, è un microcosmo di quel che accade in Italia. Un militante dice: “Tu c’hai due populisti in casa, che devi fare? C’è un mondo disorientato che si aggrappa ad alcuni punti fermi. Peccato che Bersani è uscito, sennò a Renzi gli facevamo male”. Il mondo disorientato, in parte “rottamati” che non vogliono uscire dal partito, in parte delusi dal renzismo, è in larga parte quello dei Ds. Uno dei primi messaggi di incoraggiamento Orlando l’ha ricevuto da Luciano Violante. Violante, Anna Finocchiaro, poi Emanuele Macaluso, Ugo Sposetti. È il mondo di Giorgio Napolitano, ormai severo anche con Renzi, da sempre severissimo con la Ditta.
Giù pe’ li rami, sul territorio, c’è parecchia Ditta tra quelli che, in questi giorni, si schierano col guardasigilli. A partire dall’Emilia Romagna: “Lì – assicura un parlamentare vicino a Orlando – possiamo vincere il congresso”. Si stanno spostando almeno cinque su sei consiglieri regionali eletti a Bologna: Simonetta Saliera, presidente del consiglio regionale (la più votata in regione, con 11mila preferenze) il capogruppo del Pd Stefano Caliandro, Antonio Mummolo, Francesca Marchetti, Roberto Poli . A loro vanno aggiunti due eletti a Reggio Emilia (Roberta mori, Maino Marchi) e due a Modena (Luciana Serri e Luca Sabatini). A loro vanno aggiunti un po’ di parlamentari, da Andrea De Maria, cuperliano, a Marilena Fabbri a Giancarlo Sangalli. Ma il colpo grosso, su cui sono in atto parecchi abboccamenti, riguarda due sindaci pesanti, quello di Modena, Giancarlo Muzzarelli e Virginio Merola, il sindaco di Bologna molto deluso da Renzi. Entrambi stanno seriamente pensando di sostenere Orlando. Assieme agli eletti, si sposteranno il segretario di federazione di Reggio Emilia, Andrea Costa e quello di Bologna Francesco Critelli.
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All’uscita un militante soddisfatto esclama: “Andrea è uno di famiglia”. Al suo fianco un altro aggiunge: “Mi piace perché ha un’aria triste, come quella di Enrico”. Firenze, tardo pomeriggio di lunedì. L’Obihall, dove l’ex premier, iniziò la sua campagna #bastaunsi riscopre un orgoglio antico, nel senso di orgoglio di partito ordinato, solido. Andrea Orlando, l’ultimo figlio del partito a candidarsi alla guida del Pd, si presenta così, nella capitale del renzismo e della Rottamazione: “Non sarò l’uomo solo al comando, voglio fare solo il segretario del partito e avrò uno stile diverso da Renzi. Sinora le discussioni negli organi si concludevano, dopo infuocati dibattiti, con la parola magica ‘contiamoci’. Non sarà più così”. L’applausometro segnala, assieme a questa, un’altra frase che dà il senso del messaggio: “Siamo arrivato qui con dei candidati che non mi pare si risparmino colpi e ritengo che il Pd rischi di non sopravvivere ad una lotta nel fango e quindi ho ritenuto opportuno mettermi in gioco”.
Orlando è il più anti-mediatico dei tre candidati. E anche l’unico che, prima di candidarsi, non ha sentito il bisogno di incontrare Silvio Berlusconi, come fece Renzi ad Arcore ed Emiliano a Roma (come ha scritto il Corriere). Per un’ora parla di “un nuovo Pd”, “da rifondare”, di un “partito nuovo per una fase nuova” di povertà, periferie, dei limiti della rottamazione, presenta la sua candidatura come una necessità, non come uno sfoggio narcisistico, tratto che accomuna i suoi competitor: “Come sapete non sono neanche un grande oratore, però insieme, possiamo farcela”. L’organizzatrice dell’evento è la parlamentare Elisa Simoni, una tosta. Il “babbo” di Renzi la chiama la zarina. Seduta accanto Silvia Velo, orlandiana di ferro. Le sale sono un fatto politico: telefonate, incontri, percorsi comuni. C’è l’ex governatore della Toscana Claudio Martini, l’assessore regionale Ceccarelli, l’ex presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci, quello della provincia di Siena Simone Bezzini, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, parecchi sindaci fra Valdarno e livornese. Insomma, non è che metti un cartello e la gente arriva, visto che in contemporanea gioca la fiorentina.
Firenze, sala come si faceva una volta, è un microcosmo di quel che accade in Italia. Un militante dice: “Tu c’hai due populisti in casa, che devi fare? C’è un mondo disorientato che si aggrappa ad alcuni punti fermi. Peccato che Bersani è uscito, sennò a Renzi gli facevamo male”. Il mondo disorientato, in parte “rottamati” che non vogliono uscire dal partito, in parte delusi dal renzismo, è in larga parte quello dei Ds. Uno dei primi messaggi di incoraggiamento Orlando l’ha ricevuto da Luciano Violante. Violante, Anna Finocchiaro, poi Emanuele Macaluso, Ugo Sposetti. È il mondo di Giorgio Napolitano, ormai severo anche con Renzi, da sempre severissimo con la Ditta.
Giù pe’ li rami, sul territorio, c’è parecchia Ditta tra quelli che, in questi giorni, si schierano col guardasigilli. A partire dall’Emilia Romagna: “Lì – assicura un parlamentare vicino a Orlando – possiamo vincere il congresso”. Si stanno spostando almeno cinque su sei consiglieri regionali eletti a Bologna: Simonetta Saliera, presidente del consiglio regionale (la più votata in regione, con 11mila preferenze) il capogruppo del Pd Stefano Caliandro, Antonio Mummolo, Francesca Marchetti, Roberto Poli . A loro vanno aggiunti due eletti a Reggio Emilia (Roberta mori, Maino Marchi) e due a Modena (Luciana Serri e Luca Sabatini). A loro vanno aggiunti un po’ di parlamentari, da Andrea De Maria, cuperliano, a Marilena Fabbri a Giancarlo Sangalli. Ma il colpo grosso, su cui sono in atto parecchi abboccamenti, riguarda due sindaci pesanti, quello di Modena, Giancarlo Muzzarelli e Virginio Merola, il sindaco di Bologna molto deluso da Renzi. Entrambi stanno seriamente pensando di sostenere Orlando. Assieme agli eletti, si sposteranno il segretario di federazione di Reggio Emilia, Andrea Costa e quello di Bologna Francesco Critelli.
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