A Pompei l’Italia si gioca il futuro, non il passa
Valorizzare Pompei significa non buttare via i fondi europei come avvenuto in passato, certo. Ma significa anche ricordarci chi siamo, noi italiani. E spronare il Sud a mettersi in gioco.
In queste ore Osanna è sotto attacco da micro sigle sindacali e da piccoli interessi di parte. Vorrei che non fosse lasciato solo e che chi sta rimettendo a posto uno dei luoghi culturali più importanti del mondo avvertisse l’affetto di tutti noi. Difendere i funzionari pubblici che lavorano bene nell’interesse del Paese è un dovere per tutti. Capisco che gli addetti ai lavori si emozionino più per le leggi elettorali o le ricandidature. Ma oggi il destino dell’Italia passa soprattutto da chi — in silenzio — sta provando a cambiarla.
Pompei faceva notizia per i crolli, adesso fa notizia per i cantieri e per le mostre. Non è solo un luogo meraviglioso, ma è un simbolo delle potenzialità identitarie, turistiche e culturali del Mezzogiorno. Può sembrare paradossale ma Pompei è un luogo del futuro, non solo del passato. E chi dice che queste sono questioni tecniche, su cui la politica non deve scendere, dico che al contrario dovremmo occuparci un po’ meno di risse interne tra partiti e un po’ più di identità e cultura.
Perché i risultati di questi mesi dimostrano che la frase “Con la cultura non si mangia” è una delle frasi più sbagliate che un leader politico possa anche solo pensare. E dicono che Pompei ha svoltato, che le cose si possono cambiare e che la cultura può essere strumento centrale di crescita e di riscatto per un territorio. Bisogna crederci, però, e non lasciare solo chi lavora in questa direzione.
Ci proviamo insieme?
Ci proviamo insieme?
Matteo Renzi