Papa Francesco, tra icona pop e rivoluzione


Al netto delle strumentalizzazioni sull'argomento, guardando la foto di cui sopra, l'immagine che regala Papa Francesco, con la ventata di freschezza che sta portando alla Chiesa Cattolica, sta diventando in pochi mesi un'icona, un simbolo, tale da renderlo una star.

Un'immagine tirata per la giacchetta da più parti, rivendicata da Grillo in un recente comizio, ma anche da molti uomini politici anche del nostro partito, che popola edicole tra innumerevoli pubblicazioni.

Un'immagine che sicuramente porta speranza e positività, una scelta sicuramente in linea con i tempi per il conclave vaticano, che ha saputo leggere meglio di molti altri il senso del periodo storico che stiamo vivendo, nel quale il valore dell'empatia e della comunicazione sono centrali.

Citando un post sul blog collettivo dei Mille

Dov’è la grande novità, la svolta radicale, concreta, fra Bergoglio e il suo predecessore? La risposta, al momento, è sotto gli occhi di tutti. Papa Francesco è un ottimo comunicatore, uno speaker come alla Chiesa mancava da tempo; qualcuno che utilizza un linguaggio semplice, comune, quasi colloquiale, che conosce l’immensa forza dei simboli e delle scelte simboliche. Il potere che si china benevolo all’altezza del popolo: quale migliore risposta per riavvicinare i devoti e rabbonire gli ostici, in tempi di secolarizzazione, di spiritualità deviata e nuovo paganesimo?
[...] Consapevole che la chiusura e l’arrocco hanno allontanato negli anni la Chiesa dalla gente, dal sentire comune, dalla società circostante, a partire dalla rigidità manifestata sui temi etici: coppie di fatto e discriminazioni legate all’orientamento sessuale, interruzione di gravidanza e fecondazione artificiale, fine vita e chi più ne ha più ne metta. [...]
É interessante e indicativo un dato, anche se relativo all’Italia e non a un contesto più ampio, circa la fiducia dei cittadini nelle istituzioni; da recenti studi demoscopici, la Chiesa appare nettamente in miglior salute rispetto alla maggior parte delle istituzioni dello Stato, per non parlare dei partiti politici. Appare forse, in un periodo di perdurante crisi economica, fra le macerie lasciate dallo sciacallaggio iperliberista come dal protezionismo corporativo, in un deserto istituzionale dove poteri informali di ogni genere hanno il sopravvento su architetture democratiche scarsamente rappresentative, come una scialuppa cui aggrapparsi per non annegare. L’ultima fede, dove le altre sono venute meno. Ed é per intercettare e orientare questo consenso, sempre latente e pronto a rafforzarsi ad ogni crisi delle altre istituzioni di riferimento, che Bergoglio è diventato il Papa “nuovo”, catalizzando grandi e diffuse speranze: pochi giorni fa i followers del Papa su Twitter hanno superato i 10 milioni, non molti paragonati ai 24 di Obama, ma moltissimi tenendo conto che cinguetta da meno di un anno.
E dunque, Francesco è un Papa rivoluzionario?
Mi dico, fra me e me, che la Chiesa prospettata da Bergoglio, lontana dal potere temporale e dai mali del mondo, non è mai esistita. La stessa definizione di Papa rivoluzionario suona come un ossimoro. La sola rivoluzione, per adesso, è comunicativa, semantica e soprattutto simbolica; chissà se il profeta dei poveri, il gesuita argentino, il Papa semplice, saprà cambiare la struttura di una Chiesa adusa a frequentare i palazzi del potere. Chissà se la Chiesa di Roma gli permetterà di compiere un passo, oltre a quelli già compiuti, alle pubbliche condanne, ai richiami alle origini, all’esercizio dell’autorità spirituale. Chissà se non sarà soltanto, infine, una bella e utile icona pop.


Se tutto questo dovesse accadere allora sarà vera rivoluzione, e chissà quanti cattolici sarebbero pronti a sostenerla.

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