"Partiti, apritevi a giovani e Europa”
Non nasce nel deserto, la democrazia. Non può funzionare senza politica, e dunque senza partiti, e non procede senza leadership adeguate. Né in Italia, né in Europa, che non é più il vincolo esterno ma la vera dimensione del rinnovamento nazionale. Quante volte l’ha ricordato Giorgio Napolitano? Ebbene stavolta, in un discorso di ben quaranta minuti, alla fondazione che a Mestre è stata intitolata a Gianni Pellicani, proprio sulla «politica di oggi», il presidente fa molto, molto di più. Fa proposte precise. In Italia, «i partiti devono europeizzarsi». In Europa, già per le elezioni del 2014, occorre «una procedura elettorale uniforme, con scambio di candidature e capilista unici tra Paese e Paese da parte dei grandi partiti europei». Una vera Schengen della politica che abbatta i confini all’interno delle grandi famiglie politiche transnazionali. E poi anche, in prospettiva, l’elezione diretta di un Mister Europa, quando ci sarà «l’identificazione tra il presidente del Consiglio europeo e quello della Commissione».
Un progetto di rinnovamento vero, per stagioni nelle quali Napolitano non sarà più al Colle. E che proprio per questo, nel discorso politico sinora più forte di tutto il settennato, alza lo sguardo e indica la via. Perché la crisi della politica italiana è incastonata nella crisi europea. Parla di «assillo», per dare l’urgenza del cambiamento di fronte all’«immeschinimento» della politica che «è rimasta frammentata e chiusa in asfittici ambiti nazionali. E’ stata sempre meno capace di guidare le decisioni europee e anche solo di raccontarle».
E invece una via c’è e non c’è altra uscita, ora che in Europa «l’Unione non è più un tabù», e per il semplicissimo motivo che nella crisi di Eurolandia sono «esplosi i problemi non affrontati dopo la nascita della moneta unica», già peraltro evidenti con le «riluttanze» del 2002-2003 davanti alla Convenzione e poi invece che superati con la nascita una Carta comune - ribaditi nel Trattato di Lisbona.
Un cammino tortuoso e tormentato, finché la crisi ha costretto a decisioni intergovernative rilevanti e forti, come il fiscal compact, ma senza alcuna visione del futuro. E invece, adesso è il momento per «una Unione politica di natura federale, nella quale sciogliere le ambiguità in tema di sovranità nazionale, e dare risposte al problema della democrazia».
Napolitano propone una forma federale «multi-livello», capace di conciliare le «ricchezze culturali» nutrendosi «di confronto e cooperazione tra istituzioni sovranazionali, nazionali, regionali e locali». Con «una dialettica politica finalmente europea» si risolverebbe anche la lunga stagione di declino della politica italiana.
La quale, certo, deve fare la propria parte. Avere funzioni di leadership, del resto, «non significa forse guidare?», chiede retoricamente Napolitano. I partiti italiani, invece, hanno «seguito l’onda degli umori, delle paure, degli interessi particolari, delle tentazioni populiste e nazionalistiche».
Anche per «l’immeschinimento» i rimedi ci sono, e sono chiari: «Regolamentazione democratica dei partiti secondo l’articolo 49 della Costituzione, revisione del sistema di finanziamento, rafforzamento delle normative anticorruzione». E i partiti devono rinnovarsi. Perché no, anche attraverso «nuove forme di comunicazione», purché vi si faccia ricorso «in modo responsabile e trasparente». Perché poi, dice il Presidente che sembra aver seguito e attentamente considerato il fluviale e non sempre conciliante dibattito che in materia si è sviluppato via Internet, «non si può restringere l’attenzione ai partiti già in campo», siano essi «storicamente definiti o più di recente ridefiniti». Non si possono, anzi, «ignorare nuovi movimenti capaci di raccogliere anche sul terreno elettorale delusioni e aspirazioni delle più giovani generazioni». Purché si abbia «capacità di guardare lontano e di indicare soluzioni sostenibili».
Di qui a leggere in quest’analisi una qualche apertura ai grillismi sarebbe decisamente troppo, specie considerando che l’indicazione più netta è che «i partiti devono europeizzarsi», e che per l’appunto anche in Europa sono destinati «all’irrilevanza i movimenti politici che si rinchiudano in una logica protestataria».
La quale, certo, deve fare la propria parte. Avere funzioni di leadership, del resto, «non significa forse guidare?», chiede retoricamente Napolitano. I partiti italiani, invece, hanno «seguito l’onda degli umori, delle paure, degli interessi particolari, delle tentazioni populiste e nazionalistiche».
Anche per «l’immeschinimento» i rimedi ci sono, e sono chiari: «Regolamentazione democratica dei partiti secondo l’articolo 49 della Costituzione, revisione del sistema di finanziamento, rafforzamento delle normative anticorruzione». E i partiti devono rinnovarsi. Perché no, anche attraverso «nuove forme di comunicazione», purché vi si faccia ricorso «in modo responsabile e trasparente». Perché poi, dice il Presidente che sembra aver seguito e attentamente considerato il fluviale e non sempre conciliante dibattito che in materia si è sviluppato via Internet, «non si può restringere l’attenzione ai partiti già in campo», siano essi «storicamente definiti o più di recente ridefiniti». Non si possono, anzi, «ignorare nuovi movimenti capaci di raccogliere anche sul terreno elettorale delusioni e aspirazioni delle più giovani generazioni». Purché si abbia «capacità di guardare lontano e di indicare soluzioni sostenibili».
Di qui a leggere in quest’analisi una qualche apertura ai grillismi sarebbe decisamente troppo, specie considerando che l’indicazione più netta è che «i partiti devono europeizzarsi», e che per l’appunto anche in Europa sono destinati «all’irrilevanza i movimenti politici che si rinchiudano in una logica protestataria».
Ma di certo il fiuto politico, e la visione del futuro che impronta il pensiero di Napolitano, lo ha spinto a guardare oltre.
Sono infatti ancora i giovani i destinatari ultimi della più politica lezione del settennato. Si rivolge direttamente a loro, titolari del vero rinnovamento:
«Cercate, giovani, ogni varco per farvi sentire e valere, e per esprimere idee ricostruttive e rinnovatrici della politica».
Per la generazione dei Napolitano il varco furono i grandi partiti di massa, oggi la partecipazione si diffonde anche sulla rete.
DoppiaM