In Siria continuano i massacri


In Siria le violenze continuano senza sosta.

Gli attivisti che chiedono la fine del regime oppressivo del presidente Bashar al Assad hanno denunciato un nuovo massacro, che sarebbe avvenuto nei giorni scorsi nella provincia di Hama, nella Siria centrale.

Stando alla loro segnalazione, l’attacco delle forze fedeli al governo avrebbe causato la morte di oltre 200 persone nel villaggio di Tremseh. Il Consiglio rivoluzionario di Hama ha diffuso un comunicato spiegando che “almeno 220 persone sono morte” a causa dei “bombardamenti realizzati con carri armati, elicotteri, artiglieria pesante ed esecuzioni sommarie”.

Gli attivisti parlano di massacro e di decine di ribelli e civili uccisi, mentre le autorità siriane parlano di azioni di gruppi terroristici, che starebbero agendo per schierare l’opinione pubblica contro il governo.

L’inviato delle Nazioni Unite nel paese, l’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha detto di essere “scioccato e sconvolto per le notizie che arrivano dal villaggio di Tremseh e ha condannato “questo tipo di atrocità”.

E intanto torna anche lo spettro delle armi chimiche: secondo il Wall Street Journal, le forze armate siriane hanno iniziato a spostare dai depositi parte del vasto arsenale di armi chimiche di cui dispongono. Alcuni temono che il regime intenda usare le armi chimiche contro i ribelli e civili nell'ambito di una operazione di pulizia etnica. Altri ritengono che Damasco potrebbe invece aver deciso di nascondere le controverse armi per complicare ulteriormente gli sforzi delle potenze occidentali per individuarle.

Intanto, entro il prossimo 20 luglio il Consiglio di sicurezza dell'Onu deve decidere se prorogare la missione in scadenza dei 300 osservatori inviati ad aprile.

La Russia, uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, e quindi con diritto di veto, ha già fatto sapere che si opporrà a risoluzioni di carattere militare. Mosca e Londra hanno già fatto circolare bozze di risoluzione sul futuro degli osservatori di carattere completamente opposto. Il testo britannico, che gode dell'appoggio dei paesi occidentali, minaccia sanzioni non militari nei confronti del regime di Assad, se non cesseranno le violenze. Ma schiera la sua risoluzione sotto il capitolo 7 dello Statuto dell'Onu, che prevede anche l'esecuzione di azioni militari per affrontare le minacce alla pace. Quello russo, invece, chiede «l'immediata applicazione» del piano di pace di Annan e delle linee guida per una transizione politica del potere a Damasco sulla base di quelle approvate a Ginevra un mese fa, e non menziona alcuna sanzione, eventualmente «considerando ulteriori passi come appropriati».

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