L'Aquila in attesa di risposte... dopo mille giorni
Migliaia di persone hanno partecipato alla fiaccolata in piazza Duomo per ricordare le 309 vittime del sisma che a L'Aquila il 6 aprile del 2009, ha distrutto il capoluogo abruzzese e altri 56 paesi vicini.
Il corteo è stato caratterizzato dal silenzio infranto solo alle 3:32 dai 309 rintocchi della campana della chiesa delle Anime Sante, accompagnati dalla lettura dei nomi delle vittime.
Dopo il terremoto la città, le 64 frazioni e i borghi del circondario furono evacuati e le abitazioni dichiarate inagibili. In tre anni si sono stati fatti solo puntellamenti costati solo all'Aquila 250 milioni di euro. E 33.000 persone sono ancora fuori dalle case che abitavano all'inizio di aprile del 2009.
Qui e qui lo speciale del quotidiano Il Centro. Qui le foto a confronto di Repubblica; qui il video del Corriere che vi abbiamo anticipato ieri.
Come scrive qui Francesco Erbani, sempre del quotidiano Il Centro, a L’Aquila si vive con la stessa domanda che scivola di bocca in bocca: che cosa ne sarà di questa città?
Tre anni non sono stati sufficienti a dare una risposta. Nessuno avrebbe mai potuto pretendere di rivedere, dopo mille giorni, la vita scorrere nelle strade del centro storico, gli edifici rimessi in sesto, la comunità economica di nuovo in marcia.
Ma forse non era troppo esigere che, dopo mille giorni, ci fosse almeno un'idea definita di quello che la città sarà in futuro. Un progetto a cui avvicinarsi lentamente, dosando empiricamente le forze, con la cautela e il rispetto che richiede un organismo di tale complessità e ricchezza. Tuttavia, anche agli occhi di un osservatore esterno, la condizione di immobilità che L'Aquila vive è apparente. Tutto lascia ritenere che il tempo sia fermo. Ma il tempo non è mai fermo e il suo trascorrere non è un accidente neutrale. Se il tempo passa e niente si avvia a soluzione, si torna indietro.