Casale ha detto NO


Alla fine l’offerta del "diavolo" è stata rifiutata.

La giunta comunale di Casale Monferrato ha detto no alla proposta del magnate Stephan Schmidheiny, imputato nel processo per le migliaia di casi di morti e malattie da amianto. No al risarcimento da 18,3 milioni di euro che il miliardario svizzero ha messo sul piatto, in cambio del ritiro della costituzione di parte civile e della rinuncia a qualsiasi azione legale in futuro.

Ne avevamo già parlato e scritto qui.

Casale è una città che ha pagato il tributo più alto alle malattie provocate dal minerale killer: 1.800 morti e 50 nuovi casi di mesotelioma ogni anno.

Il 17 dicembre scorso il consiglio comunale aveva approvato l'atto di indirizzo che metteva la giunta nelle condizioni di accettare il maxi-risarcimento. Quella seduta, chiusa con 19 voti favorevoli e 11 contrari, era durata oltre sei ore ed era stata interrotta quattro volte per le proteste del pubblico.

Proteste proseguite fino ai giorni scorsi: la gente ha reagito con una mobilitazione che ha ribadito il ruolo che Casale ha assunto da tempo agli occhi del mondo, quello di essere città simbolo di una trentennale lotta contro l'amianto.

Una mobilitazione che ha usato i linguaggi della protesta, della rabbia, ma anche del silenzio, della musica, della poesia. E della fiduciosa attesa, specialmente quando l'autorevolezza del ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha segnato una svolta.

Determinante nella marcia indietro è stato proprio l'impegno preso nelle settimane scorse dal ministro della Salute Renato Balduzzi, tra i promotori di un articolato progetto nazionale di bonifica e ricerca scientifica sull'amianto e le malattie correlate e la garanzia di impegni e programmi dello Stato per fare fronte definitivamente e in maniera strutturata all'emergenza ambientale e sanitaria della città.

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