Il lavoro in Italia e i tavoli di crisi


L'economia arranca sull'orlo della recessione e nel 2011 ben 195 aziende - grandi e piccole, dal Friuli fino alla Sicilia - hanno cercato protezione sotto la tendina ad ossigeno dei tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico.

I lavoratori coinvolti, indotto compreso, sono circa 300mila. I posti davvero a rischio nel breve periodo, dicono fonti vicine al dicastero, sono «più o meno 30mila».

I dossier industriali sul tavolo del governo a fine dicembre erano ben 195. I problemi delle realtà più piccole (purtroppo) raramente riescono ad arrivare fino a Roma.

Ma nel campione dei "ricoverati" alla Sviluppo economico c'è un po' di tutto: grandi imprese come Fincantieri, i pullman della Irisbus, AnsaldoBreda, la storica siderurgia della Lucchini e i villaggi della Valtur, filiali di aziende estere (da Alcatel ad Abb) pronte a chiudere i battenti in Italia per trasferirsi verso Oriente e stabilimenti in cerca di riconversione.

E ancora: le difficoltà della Fiat ha costretto ben 22 aziende dell'automotive a chiedere aiuto allo Stato. E i numeri certificano pure lo stato di estrema difficoltà dei pochi sopravvissuti del polo chimico nazionale (i tavoli aperti sono 16) e del tessile-moda (14).

L'Italia nel 2011 ha registrato più di un miliardo di ore di cassa integrazione (gli ammortizzatori sociali costano 20 miliardi l'anno), mentre un giovane su tre già oggi non riesce a trovare lavoro.

La buona notizia è che i tavoli di crisi del ministero dello Sviluppo economico possono funzionare, come dimostrano alcuni esempi.

Di tutto questo parla oggi il supplemento economico di Repubblica, che potete leggere qui.

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