Facciamo ordine

E' sabato. Si conclude un'importantissima settimana per la politica Italiana. Settimana in cui si è detto di tutto:
- Governo del presidente o di unità nazionale? 
- Snello esecutivo tecnico o ampio gabinetto con dentro politici e attuali ministri? 
- Al voto subito o dopo che un governo “unitario” si è accollato la responsabilità di misure economiche lacrime e sangue? 
- O meglio ancora la terza via: governo elettorale che vari le misure anticrisi e poi voto in primavera ed esecutivo politico pienamente legittimato ad attuarle?

Il quotidiano L'Unità ci aiuta a capire meglio cosa è successo e chi vuole cosa.

DoppiaM

NAPOLITANO
Auspica la responsabilità di tutte le forze politiche per una «efficace e condivisa azione di governo». Il voto sarebbe una sciagura per lo spread: il Quirinale è dovuto intervenire per garantire ai mercati che le dimissioni di Berlusconi non sono una bufala e presto saranno «operative».

MONTI
L’uomo dei conti o il tecno-professore dei poteri forti? Ai posteri l’ardua sentenza. Se ce la fa a conquistare palazzo Chigi. A meno che arrivi un Dini a scipparglielo...

BERLUSCONI
Indeciso. Per indole vorrebbe votare (come molti dei suoi elettori). Se non altro per epurare i «traditori» dalle liste, suo chiodo fisso, e fare una bella campagna elettorale all’arma bianca. Ma i sondaggi lo sconsigliano. Confalonieri lo avverte che se il titolo Mediaset continua a scendere in pochi secoli ai figli non resterà più nulla. Poi deve capire se gli si spacca il Pdl e se Bossi lo abbandona. Preferirebbe un governo tecnico ma diversi suoi ministri premono per entrare a far parte dei “salvatori della patria”. In sintesi: cambierà idea ancora molte volte.

PDL
Spaccato a metà come una mela. I fedelissimi di Silvio, soprattutto se non hanno divisioni dietro, vogliono il voto: sanno che verranno premiati. È il caso di Rotondi, Brambilla, Gelmini, Romani. Quelli che invece hanno (o pensano di avere) un futuro puntano sul governissimo: Lupi, Scajola, Fitto, Frattini, Cicchitto Prestigiacomo. Anche Formigoni: il Cav lo vorrebbe ministro per regalare il Pirellone alla Lega. Lui, dopo aver scalpitato decenni per un posto di governo, stranamente adesso non vuole.

BRUNETTA E SACCONI
Vogliono il voto nel listino blindato. Con tutto quello che hanno combinato da ministri non esiste un Piano B.

ROTONDI
Il leader della neo-Dc è l’emblema della disperazione di questi giorni. Raccoglie firme contro il voto, va in trasferta ad Arcore, parla con tutti. Ha persino reso l’onore delle armi a Bocchino “vero vincitore”. Va capito.

FRATTINI
In pole per un ministero quota Arcore. Lui ci tiene molto, Silvio lo stima soprattutto per la fedeltà. Di questi tempi è già parecchio. Si è appena accorto, con notevole intuito, che al governo con lui si sono infiltrati dei fascisti.

SCHIFANI
Non pervenuto. Probabilmente ha una posizione chiara. Ma nessuno gliel’ha mai chiesta.

EX AN
Vogliono votare. Preoccupatissimi di non contare più: né politicamente né nelle liste. I più inferociti: Matteoli e l’eterea Giorgia Meloni. Fa eccezione Alemanno che, del resto, si smarcava pure prima. E La Russa che resterebbe volentieri su una poltrona ministeriale. Toglietegli tutto ma non le Maserati.


LEGA
Dice che vuole votare, ma un rigenerante periodo all’opposizione di un governo tecnico non dispiacerebbe. Bossi non ha rotto il cordone ombelicale con Berlusconi, Maroni non ha rotto quello con l’Umberto.

CASINI
Furbissimo. Vuole il governo del presidente senza entrarci. Se proprio deve, ci manderebbe Buttiglione (lo manda sempre il più lontano possibile). Con lo scippo reiterato di parlamentari chiave al Pdl - Bonciani, D’Ippolito, Carlucci - è il regista dell’Operazione Silvio A Casa. Guarda con occhio cupido al Quirinale. Ma sa che nulla è scontato.

RAO
Spin doctor del leader centrista, oculato dispensatore di tweet sulle diserzioni nel Pdl in tempo utile per i tg della sera. Nell’entusiasmo del momento è stato definito in Transatlantico “il nuovo Gianni Letta”.

PD
Si sacrifica. Politicamente gli converrebbe votare ma la situazione economica lo preclude. Vuole un governo snello, senza i ministri del Pdl (al massimo i sottosegretari). Se poi fa le riforme e dura solo fino a primavera, ancora meglio.

BERSANI
Si sacrifica pure lui. E chiede cravatte nuove. Non è impazzito: in codice vuol dire governo senza i ministri Pdl. Al momento il premier lo farà un tecnico: dovrebbe durare poco, ma c’è quel pregiudizio che i “poteri forti” quando si insediano tendono a mettersi comodi. Il voto adesso proprio non si può: e dire che gli avrebbe anche risolto il problema delle primarie.


RENZI
Vedi sopra. Senza primarie, gli toccherebbe saltare un giro. Quindi, si sacrifica un po’ meno.

DI PIETRO
Non intende sacrificarsi. Monti gli evoca tecnocrati, banche e finanza. Il Pd va in pressing: non si può mica ignorare la situazione. Per i Democrats entrare in un esecutivo impopolare con il principale competitor elettorale che spara contro a palle incatenate sarebbe un incubo.

VENDOLA
Vedi sopra. Però più malleabile, ci sta ragionando. Magari un governo a tempo.


I PEONES
Frastornati. Abbandonati al loro destino. Si muovono come un gregge tra capannelli e trattative private. Si ripropone la dicotomia: quelli rimasti fedeli a Berlusconi vogliono le urne, i «traditori» o semplicemente gli ignoti sperano almeno di completare la legislatura. Tra questi, ovviamente, il partito del vitalizio: parlamentari di prima nomina in attesa della pensione.


SCILIPOTI
La vera vittima. Giustamente si lamenta: ma come, un anno fa tutti criticavano il “governo Berlusconi-Scilipoti” e adesso i vari Antonione, Bonciani, Stagno d’Alcontres sono i nuovi eroi? Un capro espiatorio degno di Daniel Pennac

CARLUCCI
È la Scilipoti del 2011. Donna simbolo della (forse) nuova era tecnocratica. Bionda, vaporosa, spietata. Per Silvio neppure una parola di rimpianto o gratitudine. Frase chiave. “Ho fatto la storia della televisione”. Lei, non lui.

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