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Ventun'anni fa la strage di Via D'Amelio

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“ di mafia bisogna parlare sempre, ogni giorno, non soltanto il 19 luglio ” Ventuno anni fa il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cusina e Claudio Traina vennero uccisi con un’autobomba in via D’Amelio. Vogliamo ricordare quest'anno Paolo Borsellino attraverso le parole della donna che accanto a lui ha vissuto quegli anni, sua moglie Agnese. Un modo per ricordare una donna coraggiosa, che col suo silenzio assordante ha continuato a testimoniare il messaggio del marito, fino alla morte avvenuta lo scorso 5 Maggio. Agnese Piraino Leto , lontana dai riflettori preferiva parlare ai giovani dando messaggi di speranza e di riscatto da quel cancro della mafia che le tolse il marito, l’amico, il padre dei suoi tre figli. Nel ricordo di Paolo, riproponiamo il testo, scritto proprio un anno fa, da Agnese Borsellino: "Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiung

19 luglio 1992. Una strage di Stato

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L'aria a Palermo era ancora tesa, nell'atmosfera, percepibile, che qualcosa altro potesse ancora accadere . Un botto sparato in aria da qualche banda di ragazzini, come lo eravamo allora noi, era  sufficiente  per spezzare le gambe dalla paura. Non sarebbero bastate, era chiaro, le manifestazioni che si erano ripetute in quei lunghissimi, brevissimi, cinquantadue giorni, per fermare il piano attuato dai Corleonesi per quell'estate del 1992.  Paolo Borsellino,  dopo l'attentato a Falcone, divenne il magistrato più esposto. E si può dire che avremmo cominciato a conoscerlo soltanto allora , quando instancabile, sembrava voler dimostrare a se stesso, e a quei Siciliani che avevano creduto nel lavoro del pool antimafia, che quel processo non si sarebbe arrestato con la morte di Falcone.  Ho rivisto su youtube (lo si abbia in Gloria) il video dell'unica volta in cui ebbi la fortuna di ascoltarlo , al termine della fiaccolata organizzata dall'Agesci, l'associa

L'ultima foto di Paolo Borsellino

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È la sera di lunedì 6 luglio 1992, e il conto alla rovescia è già partito. Paolo Borsellino sembra sentirlo, quel tic-tac che diventa sempre più forte, mentre a Palermo i sussurri diventano grida: è lui il prossimo, lui la vittima designata, lui il morto che cammina. Tredici giorni dopo questa fotografia , pubblicata oggi da La Stampa e scattata nella villetta del giudice a Villagrazia di Carini, a pochi chilometri dalla città, via D’Amelio sarà squarciata dal tritolo. Un’immagine scattata durante una serata con gli amici che è uno dei tentativi residui di normalità, di quella normalità che Borsellino si è lasciato alle spalle 44 giorni prima, quando Falcone – suo amico e scudo – è saltato in aria a Capaci. È l’ultima sua fotografia, quella che vent’anni dopo il figlio Manfredi mostra con gli occhi negli occhi del padre. Dopo, di Borsellino, ci sarebbero state soltanto le immagini di un lenzuolo a coprire il cadavere nel cratere dell’esplosione. Un’immagine che racconta come

Vent'anni e sentirli tutti

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La memoria si racconta come qualcosa di fragile, volatile. Eppure quel giorno di vent'anni fa, per chi c'era, diventò immediatamente indimenticabile. Palermo veniva da un decennio dipinto in rosso, gli omicidi si consumavano spesso ad angoli delle strade dove eri solito passare. Qualcuno descrisse Palermo come Beirut, e forse era anche peggio . Fotografi come Letizia Battaglia correvano da una parte all'altra della città per trasmettere al mondo le immagini di quell'efferatezza senza eguali e i cronisti cercavano di raccontare ciò che si stava consumando nella guerra di mafia tra i corleonesi e i Palermitani, le fazioni in lotta nella guerra per il predominio della città e di tutti i traffici che giravano intorno ad essa.  Di Mafia si parlava tanto, ed era inevitabile . Ma in quegli anni stava crescendo anche il sentimento di ribellione di tutti quei cittadini onesti che cominciavano a comprendere che Cosa Nostra non era parte del paesaggio, e com

Quattro uomini soli

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Pio La Torre, 30 aprile 1982 Carlo Alberto Dalla Chiesa, 3 settembre 1982 Giovanni Falcone, 23 maggio 1992 Paolo Borsellino, 19 luglio 1992 Quattro uomini soli, uccisi dalla mafia. Trent'anni dopo, non sappiamo ancora chi ha voluto morti Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa. Vent'anni dopo, non sappiamo ancora chi ha voluto morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sappiamo solo che erano quattro italiani che facevano paura al potere . Si conclude così un articolo molto bello, scritto da Attilio Bolzoni e pubblicato da Repubblica il giorno di Pasqua. Un articolo che racconta la storia di questi quattro servitori dello Stato che, semplicemente con il loro impegno quotidiano , hanno cercato di far affermare la cultura della legalità, contro la mafia e contro un sistema di potere che impedisce lo sviluppo dell'Italia. Se vi siete persi l'articolo, potete leggerlo qui .

Il pianto di Paolo Borsellino

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La nostra storia recente si caratterizza per l’assoluto deficit di verità nelle indagini sui più eclatanti e dolorosi lutti nazionali. Ieri sono stati inchiodati alle loro responsabilità alcuni dei protagonisti dell’enorme depistaggio costruito per sabotare le inchieste sulla strage che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e ai cinque poliziotti che lo scortavano. La fine adesso è nota: «Sia nel luglio del 1992, sia nell'anno 1993, la strategia di Cosa nostra è stata quella di trattare con lo Stato attraverso l'esecuzione di plurime stragi che hanno trasformato la trattativa in un vero e proprio ricatto alle istituzioni» . La fretta di eliminare Borsellino derivò dal fatto che il magistrato , procuratore aggiunto di Palermo, era venuto a sapere dei contatti tra i carabinieri del Ros, guidati dall'allora colonnello Mario Mori, e l'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino. Contatti diretti alla cattura dei latitanti, secondo gli investigatori dell'Arma, che pe

Paolo Borsellino, 19 luglio 1992

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19 luglio 1992. Paolo Borsellino , dopo avere pranzato con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, decide di andare dalla madre, che abitava in via D'Amelio, a Palermo. Ad attenderlo c'era una Fiat 126 con circa 100 chili di tritolo. 19 luglio 1992 video Inedito from 19luglio1992 on Vimeo . Nell'attentato , messo a segno 57 giorni dopo quello in cui perse la vita il suo amico e collega Giovanni Falcone , morirono anche i cinque agenti della sua scorta , Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'attentato , come ha detto oggi il Presidente Napolitano , "volle colpire sia un simbolo della causa della legalità , sia un uomo che stava mobilitando le migliori energie della società civile, dando a esse crescente fiducia nello stato di diritto". Il modo migliore per onorare Paolo Borsellino è quello di fare luce sull'attentato . Si spera che a breve le inchieste sui depistaggi portino a scoprire l

Ministro Gelmini

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che facciamo, mandiamo gli ispettori o servono solo per questioni legate al crocifisso? "Parlare di mafia si può ma quando è una mafia lontana, una mafia degli altri. Perché se il boss è quello della porta accanto, è vietata anche solo la parola. Figurarsi poi se qualcuno fa nomi o addirittura cognomi. Ne sa qualcosa il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che a Castelvetrano ieri si è ritrovato solo - insieme a un pentito - a ricordare Paolo Borsellino. Vuoto il teatro comunale, disertato soprattutto dagli studenti "comandati" dai dirigenti scolastici a restare in classe "perché i ragazzi non hanno niente da imparare da certi personaggi". Così, nelle terre di Matteo Messina Denaro, è andata in scena una Sicilia antica che sembrava per sempre sepolta." L'ultimo commento di Ingroia: "Oggi, l'unico veramente contento sarà Matteo Messina Denaro". DoppiaM

Il fresco profumo della libertà

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La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia a Palermo 18 anni fa insieme alla sua scorta, composta da Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina

Palermo, tutti con l'agenda rossa

Al via le commemorazioni a 18 anni dalla strage di via D'Amelio in cui persero la vita Borsellino e i cinque uomini della scorta. Abbattute la statua sua e quella di Falcone. La sorella di Borsellino, Rita, ha osservato che "il momento attuale è peggiore del '92. Allora sapevano chi erano gli amici e chi i nemici, con tutti i limiti del caso si sapeva a chi affidare la propria fiducia. Oggi non è così. Sappiamo che non possiamo fidarci praticamente di nessuno. Per anni ci sono state dette bugie proposte come verità. Oggi sappiamo che non c'è verità. La caparbietà dei magistrati che continuano a cercarla è il modo più bello per raccogliere l'eredità di Paolo". Doppia M