La destra che spia la destra
È molto pericoloso che siano stati messi sotto osservazione anche le principali cariche dello Stato. Si pone un tema di sicurezza dello Stato. Il caso dei dossier illegali è un fatto inquietante che pone una questione di democrazia. I controlli non sono sufficienti, il sistema è un colabrodo. Si è arrivati addirittura alla mail del Presidente della Repubblica.
Lo scorso giugno il governo ha varato una legge proprio sulla cybersecurity, ma temo non serva. Venne fatta per fare bella figura prima del G7 che si teneva in Italia, ma pretende di celebrare le nozze coi fichi secchi. Non l’hanno dotata di una lira. E come possono i privati e gli enti pubblici rafforzare i loro sistemi di protezione senza adeguati sostegni? Lo stato delle difese del nostro sistema informatico inoltre è molto arretrato, e quindi facile da bucare. Le aziende pagano milioni in riscatti per i ransomware, il blocco dei portali o la sottrazione dei dati da parte degli hacker. Intanto, il sottosegretario Mantovano e il prefetto Frattaso a capo dell’agenzia per la cybersecurity si segnalano per un attivismo nei convegni cui non corrisponde un’adeguata iniziativa per proteggere il nostro Paese.
Prendiamo questi fatti come un avvertimento, devono farci capire che occorre più consapevolezza del pericolo che corriamo e che questo è l’ultimo momento utile per rafforzare il nostro sistema di difesa. Gli esponenti del governo mi sembrano presi completamente alla sprovvista malgrado la gravità della violazione del Viminale. È incredibile che sia stato bucato il sistema dello SDI, la banca dati delle forze dell’ordine. Per il Viminale si è attribuito un ruolo al fattore umano, che purtroppo c’entra sempre, ma va unito alla capacità tecnologica. Bisogna presidiare entrambe. Su queste cose non si scherza. Questi hanno spiato anche i servizi segreti.
Matteo Mauri, Responsabile sicurezza del PD