Un DEF senza cifre

La politica dello struzzo della destra: un DEF (documento di economia e finanza) senza cifre. Sanno che andranno incontro ad una procedura per deficit eccessivo ma non vogliono dirlo agli italiani. 
Un Governo inaffidabile che, sull’altare della propaganda, sceglie di mettere le mani nelle tasche degli italiani e di danneggiare duramente la credibilità internazionale del Paese. 

“Siamo oltre la finanza creativa. Siamo alla presa in giro: il governo presenta un DEF “transitorio”, cioè non dice come coprirà le spese almeno fino alle Europee. Poi la ricetta sarà la solita: tagli a sanità, scuola, lavoro. Irresponsabili e incoscienti, a spese dei cittadini”. La Capogruppo dem alla Camera, Chiara Braga, commenta così il Documento di economia e finanza approvato in Consiglio dei Ministri. 

Un provvedimento che la Cgil definisce “una scatola chiusa”, e che tante polemiche aveva suscitato già alla vigilia della discussione in CdM. Al centro della contesa, la decisione del governo Meloni di presentare un DEF che delinei unicamente il quadro macroeconomico, senza specificare gli obiettivi di finanza pubblica. Una decisione mai presa prima da nessun altro governo e che solleva dei dubbi enormi sulla stabilità del piano e sulla sua fattibilità nonché una mancanza di trasparenza e responsabilità da parte dell’esecutivo.

Chiara Braga evidenzia come l’esecutivo si appresti a essere il primo a non delineare nel DEF gli obiettivi programmatici su deficit e debito, lasciando così i cittadini all’oscuro delle future politiche economiche, soprattutto in vista della prossima legge di bilancio. La manovra, secondo Braga, nasconde l’intenzione di evitare l’annuncio di tagli e sacrifici necessari dopo “l’irresponsabile” legge di bilancio precedente: “Meloni e Giorgetti devono dire come intendono mantenere misure come il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento delle aliquote. Non è solo il bilancio dello Stato, è il bilancio di milioni di famiglie”. 

Francesco Boccia, Capogruppo dem al Senato, rincara la dose, attaccando il governo per la sua scelta di “giocare” con i conti pubblici e per non voler ammettere che l’unico orizzonte possibile è quello dei tagli. Boccia ricorda le previsioni fallaci del DEF dell’anno precedente, accusando l’attuale esecutivo di aver “raccontato bugie” agli italiani e di prepararsi a “congelare” il documento in vista della procedura d’infrazione europea annunciata da Giorgetti. Secondo Boccia si tratta di “una scelta gravissima dopo che lo stesso Giorgetti ha candidamente affermato che il nostro Paese finirà sotto procedura d’infrazione europea. È chiaro che la vera partita economica si giocherà a settembre quando nella Finanziaria bisognerà tener conto degli effetti del nuovo Patto di stabilità. Ma non è possibile e sarebbe una presa in giro del Paese e del Parlamento se ci trovassimo di fronte ad un governo che da una parte vive di concordati fiscali e condoni edilizi e dall’altra presenta un Def indefinito che lascerebbe nell’incertezza i cittadini, le imprese, gli investitori e l’Europa” ha concluso il Capogruppo dem. 

Irene Tinagli, Eurodeputata PD e Presidente della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento UE, non nasconde la sua preoccupazione: “Sono seriamente preoccupata per l’opacità dimostrata da questo Governo: se le linee guida programmatiche non verranno incluse nel DEF, ci troveremo di fronte a una grave lacuna. Anche il Ministro Giorgetti ha ammesso che l’Italia sarà soggetta a una procedura per deficit eccessivo. È fondamentale conoscere urgentemente quali politiche economiche e di bilancio intenda adottare per affrontare questa situazione. Ignorare queste domande per mesi lascerebbe tutti nell’incertezza: non possiamo più permetterci di nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.” 

Lo stesso parere per Antonio Misiani, Responsabile Economia, finanze, imprese e infrastrutture nella Segreteria nazionale dem: “Il Documento di Economia e Finanza (DEF) approvato dal governo è finto e inutile. I pochi, scarni numeri che filtrano confermano l’impressione che Meloni e Giorgetti non sanno che pesci pigliare e tengono nascoste le loro carte per tentare di scavallare indenni le elezioni europee. Un DEF solo con il quadro tendenziale è un fatto fortemente negativo, di fronte ad un deficit 2023 enormemente superiore alle previsioni iniziali e un’economia che va peggio delle (ottimistiche) stime di settembre. Delle due l’una: o il governo Meloni non sa che pesci pigliare per riportare sotto controllo i conti pubblici, oppure lo sa benissimo ma non vuole scrivere nero su bianco prima delle elezioni europee che molte promesse (la proroga del taglio del cuneo fiscale, la stabilizzazione dell’IRPEF a tre aliquote, ecc.) andranno su per il camino e che nei prossimi mesi arriverà una pesante manovra correttiva a suon di tagli di spesa e maggiori tasse. In entrambi i casi, pessime notizie per l’Italia”. 

E aggiunge: “Il governo, in primo luogo, dovrebbe spiegare perché i conti nel 2023 sono andati completamente fuori controllo, con un deficit enormemente superiore rispetto alle previsioni iniziali e pesanti riflessi sul debito, che nei prossimi anni tornerà a crescere in rapporto al PIL (contrariamente alle previsioni del settembre scorso). La colpa è del super bonus, viene ripetuto come un mantra. Gli extra costi del 110 per cento sono sicuramente il fattore chiave. Nessuno però ci ha ancora spiegato perché, dopo il decreto di febbraio 2023, per un intero anno nulla di serio sia stato messo in campo per frenarne i costi (che da fine 2022 a fine 2023 sono schizzati da 69 a 100 miliardi, fino a sfondare i 122 miliardi a fine marzo scorso).

Secondo: il governo, presentando un DEF solo tendenziale (come fanno di solito gli esecutivi dimissionari…), sceglie di non dire nulla sulla politica di bilancio che prefigura per i prossimi tre anni. La scusa ufficiale è che “mancano le istruzioni” in relazione all’entrata in vigore del nuovo patto di stabilità europeo. La verità è un’altra. I nodi che in tanti avevamo evidenziato quando abbiamo discusso la legge di bilancio stanno venendo al pettine: crescita sovrastimata, nessuna vera strategia di rilancio dell’economia, il grosso delle misure (dal taglio del cuneo al primo modulo della riforma IRPEF) finanziate solo per il 2024. Ora che bisognerebbe indicare come trovare i soldi che mancano – a spanne, almeno 20 miliardi – il governo si trincera dietro un rigoroso silenzio. Perché? Perché Meloni e Giorgetti dovrebbero iniziare a dire quali tasse aumenteranno e quali spese saranno tagliate. E dovrebbero ammettere che gran parte delle loro promesse non saranno mantenute.  Quello che manca, in questo DEF, non sono le “istruzioni” europee. Manca la volontà di dire la verità all’Italia”. 

Queste tensioni emergono in un momento delicato per l’Italia, che deve navigare tra le esigenze di bilancio interno e le aspettative dell’Unione Europea, in attesa delle nuove linee guida della Commissione. La questione del DEF non è solo una disputa tecnica sui numeri ma riflette una più ampia battaglia politica e ideologica sul futuro economico del Paese e sulla sua capacità di rispondere alle sfide interne e internazionali. Con le elezioni europee all’orizzonte, la direzione che il governo sceglierà potrebbe avere conseguenze di vasta portata per l’Italia e il suo rapporto con l’Unione Europea.

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