La missione PD al confine fra Polonia e Bielorussia

Negli scorsi giorni una delegazione di Europarlamentari del PD, composta dal Capodelegazione Brando Benifei e da Pierfrancesco Majorino e Pietro Bartolo, ha raggiunto il confine tra Polonia e Bielorussia, per rispondere alla richiesta di vicinanza e presenza che è giunta da ONG, cittadini e Sindaci che stanno aiutando i profughi e per vedere da vicino cosa sta succedendo. 

Prima tappa è stata Białystok, Polonia, dove la delegazione ha incontrato Konrad Sikora, Vicesindaco di Michałowo, e la dottoressa Paulina Bownik, volontaria che assiste i migranti, con un obiettivo chiaro: capire cosa può fare l'Europa per aiutare le migliaia di persone bloccate al freddo a pochi km dai nostri confini, vittime di un conflitto politico e diplomatico di cui non hanno responsabilità. 

Sempre a Bialystock la delegazione ha visitato un centro di assistenza per migranti, il centro WOSP, gestito dalla comunità locale e ha ascoltato le storie di situazioni difficili: molti attivisti vivono in un clima di terrore perché il governo polacco contrasta ogni forma di aiuto e li porta in tribunale. Situazione identica a Michałowo, a ridosso del confine della “zona rossa” fra Polonia e Bielorussia, dove la delegazione, insieme alla Vicesindaco, ha incontrato alcuni rappresentanti delle più grandi ONG polacche e giovani volontari, molte donne, che rischiano ogni giorno il carcere per aiutare i migranti nella foresta, per permettere alle persone di sopravvivere. 

Uno dei motivi per cui è importante avere al confine fra Polonia e Bielorussia dei rappresentanti del Parlamento Europeo: non solo per acquisire informazioni e capire, ma anche per permettere alla stampa che li segue di superare i divieti e intervistare e raccontare le storie dei richiedenti asilo. Rompere il silenzio è fondamentale perché si risvegli la coscienza delle persone. 

La delegazione ha preferito non pubblicare alcune foto che possono dare fastidio. Ma le immagini delle schiene e delle braccia dei giovani profughi pestati nelle foreste comprese tra Polonia e Bielorussia sono inaccettabili. Così come è inaccettabile veder piangere una giovane madre curda, sdraiata nel letto di un'ospedale, perché da quando l’hanno ricoverata d'urgenza le autorità polacche non le dicono dove sono finiti i suoi bimbi. Fra i resoconti più importanti, il racconto di un'attivista, medico, che mette a rischio la propria incolumità, avvicinandosi al confine tra la Polonia e la Bielorussia attraverso i boschi per garantire le cure ai migranti abbandonati al freddo e senza servizi dalle autorità. 

Il viaggio è poi continuato con una serie di incontri con le ONG e i volontari polacchi che ogni giorno operano coraggiosamente nella foresta di Budi nei pressi di Hajnówka al confine con la Bielorussia per aiutare i disperati che cercano di entrare in Polonia. Una foresta nera e fredda, dove uomini, donne e bambini cercano di sopravvivere vedendo i propri diritti calpestati ogni giorno. 

Fino a quando  è stato concesso la delegazione si è inoltrata nei boschi per toccare con mano la situazione di estrema difficoltà cui sono sottoposte persone che chiedono solamente che vengano riconosciuti i loro diritti. 

La delegazione conclude il suo viaggio con queste dichiarazioni : Dobbiamo farci sentire: torniamo a casa, dopo aver parlato con tante persone che si battono per salvare i migranti da morte certa, convinti che le cose possono cambiare se tutti facciamo la nostra parte. Vogliamo fare chiarezza, vogliamo capire, vogliamo accendere un faro su questa situazione incresciosa. Sarà una nostra priorità condividere ciò di cui siamo stati testimoni e batterci con tutti i mezzi a nostra disposizione perché l’Europa, con una voce sola, dia riposte immediate e metta al sicuro la vita di tutte queste persone. 

È giusto l’impegno per fermare l‘uso dei profughi come strumento politico da parte di Lukashenko, ma prima di tutto dobbiamo salvare le vite di chi si trova qui. Il clima in Polonia è di una tensione alta, gli attivisti e i giornalisti hanno paura. Il governo non organizza una vera politica d'accoglienza e la solidarietà è criminalizzata. Parliamo di poche migliaia di persone fatte soffrire brutalmente senza pietà alcuna, sulle quali abbiamo potuto chiaramente vedere i segni dei pestaggi da parte della polizia polacca! Il clima che si respira è terribile e la popolazione è terrorizzata dalla polizia. Una situazione che non possiamo accettare. 

Questa non può essere l'Europa.

Non possiamo continuare a girarci dall'altra parte davanti a Stati - membri di un'Unione basata sulla solidarietà e sui diritti - che respingono sistematicamente le persone in piena violazione delle norme internazionali. Bisogna mantenere alta l'attenzione su quanto sta accadendo e accendere i riflettori sulle violazioni e le agghiaccianti violenze della polizia Polacca. Bisogna insistere con il chiedere alla Commissione Europea di agire per trovare e proporre soluzioni che mettano al centro la solidarietà, l'umanità e il rispetto delle persone. Ecco, dalle persone dobbiamo ripartire e dal rispetto dei loro diritti, come se fossero i nostri.

Le persone non sono oggetti, l’Europa deve fare la sua parte fino in fondo.

In Polonia abbiamo incontrato molte attiviste e molti attivisti che non ci stanno. Non accettano le scelte del governo polacco e la criminalizzazione della solidarietà. In alcuni casi si tratta di persone che sfidano i divieti e il rischio del carcere per fare una cosa forte e semplice: salvare vite. Questa è l'Europa che dobbiamo essere. A tutte le volontarie ed i volontari così come alle ONG dobbiamo solo dire grazie: grazie perché rappresentano lo spirito europeo di solidarietà e umanità verso il prossimo. Non dobbiamo assolutamente lasciarli da soli!

L’Europa esiste se c’è umanità e solidarietà. 

Post popolari in questo blog

La maggioranza che non c'è

Al via il tesseramento 2024