Non si affronti la denatalità a scapito delle scelte delle donne

“Lella Golfo oggi su Avvenire discutendo di denatalità ha proposto di sospendere per cinque anni la legge 194, vietando l’aborto salvo in casi limite, e di dare alle coppie che richiedono l’interruzione di gravidanza un lavoro e una casa. Tutto questo a conclusione di un ragionamento sulla denatalità in ci interroga su dove stiamo andando come società. 

Nel discorso sulla denatalità ci sono sicuramente interrogatici sulla la qualità del nostro vivere comune, il rapporto che abbiamo con il futuro, la dimensione della cura nelle nostre società, ma non si può parlare di questo senza partire dal rispetto delle scelte delle donne, è questa la libertà che deve vincere, altro che sospensione della 194. 

E’ irricevibile una “provocazione laica”, come lei la definisce, che sospende livelli essenziali di assistenza, a tutela della salute delle donne. Quello che colpisce particolarmente è la pretesa autoritaria. Non a caso mostra sintonia con le limitazioni all’aborto decise in Polonia. 

E’ del resto davvero sbagliato e fuorviante mettere in relazione la legalizzazione dell’aborto e la denatalità. Realmente qualcuno pensa che l’aborto lo abbia inventato la 194? Una legge che finalmente lo ha tolto dalla clandestinità e la cui applicazione segnala una costante diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza? Vorrei ricordare che in tante regioni il problema è che la legge 194 è difficile da applicare, a causa di un elevato numeri di obiettori. 

Se impostare così il discorso sulla denatalità è sbagliato nei riguardi delle donne e dei loro diritti, è un errore blu di lettura del problema. Come al solito si mette sotto accusa la libera scelta delle donne, la loro autodeterminazione, invece di affidarsi ad essa. 

Presa sul serio – al netto del fatto che nel mondo la questione continua ad essere il sovraffollamento e che quindi frontiere più aperte aiuterebbero il nostro calo demografico – la questione della denatalità nelle nostre società chiama in causa proprio la possibilità delle donne di realizzarsi nella vita e nelle scelte di maternità, si tratta spesso di diritti negati, lavoro che non c’è, servizi che mancano, condivisione del lavoro di cura assente, tutte cose di cui abbiamo parlato a proposito del PNRR, e che forse possiamo iniziare ad affrontare. 

I dati e gli studi ci dicono che dove le donne stanno meglio, lavorano di più e c’è un welfare più diffuso si fanno anche più figli. Parliamo di questo e lasciamo stare le tentazioni di stringere le maglie al diritto di scelta delle donne”. 


Cecilia D’Elia, Portavoce Conferenza Nazionale delle Donne 

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