"Pronti a sfidare i Paesi frugali sul bilancio"


“Per la prima volta l’Europa reagisce e lo fa più velocemente dei suoi competitor internazionali: far saltare tutto sarebbe un danno gravissimo, e non capisco chi ne beneficerebbe, se non un puro interesse di politica interna”. A due giorni dal Consiglio europeo convocato per decidere le sorti del Recovery Fund da 750 miliardi, il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, in un’intervista a La Stampa tira le somme della trattativa.

Partendo dall’incontro di lunedì del presidente Conte con la cancelliera Merkel, a cui anche lui era presente: “È stata una giornata molto utile per fare avanzare il negoziato”.


Eppure, ministro, abbiamo notato distanze con la Germania. L’Italia non è favorevole all’idea di attribuire al Consiglio europeo l’approvazione dei piani di riforme anziché alla Commissione: perché?

“Abbiamo dubbi perché leggiamo i trattati – spiega –  l’articolo 317 del trattato sul funzionamento della Ue stabilisce che la governance dei progetti europei, nella gestione del bilancio,spetti alla Commissione, non al Consiglio.Ci auguriamo che la presidenza tedesca tenga conto di quanto scritto nei trattati”.

Restano le distanze, ammette Amendola, “non tra Italia e Germania, ma tra quattro Paesi e la proposta della Commissione europea, confermata dal presidente Michel.

Merkel sa che, da presidente di turno, deve trovare una soluzione che tenga uniti i 27 Paesi. Partiamo dai punti di contatto: anche i frugali accettano di ricorrere al mercato, il piano Next Generation sarà finanziato con i bond, e non è una piccola novità. E poi siamo d’accordo su come spendere i soldi: digitalizzazione, transizione ecologica, riforme che ognuno di noi deve fare.

Ad esempio l’Olanda deve abbattere il dumping fiscale: non lo dice l’Italia, lo dice la Commissione. Noi sosteniamo la proposta perché la leggiamo dentro un pacchetto che ha un equilibrio: 750 miliardi di Recovery Fund e quasi 1100 miliardi del bilancio, nel quale ci sono varie concessioni ai Paesi frugali. Quando si discuterà, si discuterà non solo dei 750 miliardi, ma anche degli altri 1100″


Vuole dire che se i Paesi frugali porranno problemi sui 750, l’Italia potrebbe fare lo stesso sui 1100 in cui sono concessioni per loro?

“Assolutamente sì. Sarebbe difficile giustificare una diminuzione su un capitolo e non sull’altro”.


Infine sulle riforme Amendola dice: “Fare le riforme è esattamente quello che può stabilizzare il governo, l’esecutivo regge se si fanno scelte di cambiamento. Ma, ripeto, tutti e 27 devono fare riforme”.

 

Non teme che una vicenda come quella di Autostrade, con il rinvio continuo della decisione, possa farci perdere credibilità all’estero?

“No, non lo penso, è una vicenda di storia nazionale. Quello che interessa ai 27 è la difesa del mercato unico in un’ottica di cambiamento e riforme. L’Italia non deve avere paura di cogliere l’opportunità di uno scatto”.


Sintesi dell’intervista ministro per gli Affari europei, di Francesca Schianchi, su La Stampa

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