La battaglia attorno ai valori dell’America


Dov’è finita la società cosmopolita e aperta a stelle e strisce?. Francesco Nicodemo per l'Unità.

Se vi chiedessi di associare una parola a Trump, quale scegliereste? Per me non sarebbe facile decidere ma di sicuro vi rientrerebbe una di quelle elencate da Steven Poole dalle colonne del Guardian lo scorso 7 febbraio nell’articolo «Tipi “cattivi” e accordi muti – il linguaggio di Trump decodificato». Vi sarebbe quindi quel «bad» come nel tweet dal suo account personale del 4 febbraio «Il giudice apre il nostro paese a potenziali terroristi e altri che non hanno a cuore le migliori intenzioni. Le persone cattive sono molto contente».

Bad compare ancora, come in quello del giorno seguente: «Non posso proprio credere che un giudice metterebbe il nostro paese in un pericolo del genere. Se succede qualcosa biasimo lui e il sistema giudiziario. In cui versano le persone. Male!» Il riferimento qui è al braccio di ferro con i giudici che hanno impugnato l’ordine esecutivo restrittivo s ull’immigrazione. Le ultime notizie in ordine di tempo sono che pochi giorni fa la commissione di tre giudici della Corte d’Appello di San Francisco ha confermato la sospensione al bando sugli immigrati e quindi che Trump ha in sostanza annunciato, via Twitter e a caratteri cubitali, che farà ricorso evidentemente alla Corte Suprema.

Tornando al suo linguaggio, l’elenco dei termini adoperati di frequente dal nuovo Presidente Usa e riportati dall’articolo del Guardian, è molto lungo e di ognuno è offerta un’interpretazione, come per quell’«enjoy» spesso scritto per annunciare in maniera narcisistica una sua intervista. Ma chi è che in un certo senso si sta godendo la presidenza Trump? A questo quesito risponde indirettamente Ishaan Tharoor dal Washington Post dell’8 febbraio nell’articolo dal titolo «Trump dà ai critici dell’America un avversario da sogno». Tra i sostenitori del nuovo inquilino della Casa Bianca sono annoverati genericamente i partiti ultranazionalisti e populisti di destra in Europa ma anche il filosofo sloveno Slavoj Zizek. Un consenso versatile che copre estrema destra e un esponente del pensiero marxista che quasi confonde vista la sua eterogeneità.

A creare disorientamento però è l’America del 2017, quella in cui la sua guida utilizza non solo raramente termini come «libertà» e «diritti» ma soprattutto lo fa molto meno dei suoi predecessori, come viene ancora evidenziato da Ishaan Tharoor. Un volto nuovo e insolito degli Usa, da sempre terra di pluralismo e multiculturalismo e da cui ora arrivano notizie che sembrano inverosimili. Adam Gopnik sul New Yorker è arrivato a parlare dell’«Anti – Americanismo radicale di Trump», aspetto che non solo non era prevedibile ma che secondo l’autore va di pari passo con l’incompetenza e crea uno scenario caotico, basti pensare agli immigrati in attesa di capire cosa potranno o non potranno fare. Nonostante una situazione dominata dal caos generi inefficienza, l’altro aspetto rilevante è che lascia la popolazione in una condizione di impotenza.

Dov’è finita la società cosmopolita e aperta a stelle e strisce? Al di là dei partiti secondo Gopnik, gli Americani possono rispondere formando una sorta di coalizione di coscienza, in altre parole possono condividere la sfida per contrastare il caos. Un atteggiamento del genere è di sicuro alimentato dalla visione della marcia delle donne in giro per il Paese all’indomani d el l’insediamento o dalle manifestazioni seguite alle misure sull’immigrazione. Egli non vuole usare il termine resistenza per descrivere questa possibile reazione del popolo americano, perché opporsi ad un governo con manifestazioni o discorsi pubblici è semplicemente normale. Se la civiltà democratica mostra di essere fragile – continua –allo stesso modo la società civile svela risorse molto più profonde di quanto potessimo immaginare.

Il check and balance, quel sistema di controlli e contrappesi che caratterizza gli ordinamenti democratici può tranquillizzarci sebbene nell’immaginario collettivo gli Usa sembrino insoliti. Siamo passati da Obama, che rappresentava l’uomo capace di vincere i pregiudizi e raggiungere il gradino più alto della politica trasmettendo fiducia e speranza, a Trump che sembra la perfetta antitesi, dal momento che fa riscoprire vecchi pregiudizi proprio dal suo ruolo sul gradino più alto. L’America però è la sua storia, i suoi valori, le sue istituzioni democratiche. Si può non condividere la proposta politica che prevale oggi ma la si deve analizzare e comprendere. Bisogna capire che risponde ad una tendenza presente un po’ ovunque e a maggior ragione va studiata per quella che è. Perché bisogna fare questo? Per trovare un’alternativa valida, convincente che abbracci quei valori e quella storia che ci fa riconoscere l’America autentica. Ora forse a noi spetta questo, non farlo sarebbe davvero un male, anzi sarebbe bad!

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