Il ruolo della scienza nella politica
Qualche giorno fa la senatrice Elena Cattaneo, nostra illustra concittadina, ha scritto un articolo sul La Repubblica un interessante articolo sul ruolo della scienza nella nostra società, ed ancora, nel nostro parlamento.
Perché siamo diventati un popolo che tende a fidarsi maggiormente di santoni capaci di propinare cure miracolose, piuttosto che credere ai risultati scientifici proposti dalla comunità internazionale. Un grave limite che può minare la crescita civile, ma anche i legislatori, chiamati a fare leggi su argomenti che non conoscono quanto dovrebbero e che, molto spesso, su sollecitazione della pubblica opinione possono prendere decisioni affrettate soltanto per rispondere ad un tornaconto elettorale.
Facciamo riferimento al caso più recente e più noto, quello di Stamina, in cui i ministeri competenti hanno con difficoltà espresso una decisione univoca sull'argomento, venendo sorpassati, delle volte, anche dalla magistratura.
Le analisi della senatrice a vita continuano sulle possibilità che la politica ha per mettere un freno alla situazione, analizzando anche le proposte di riforme del governo Renzi sul ruolo dei senatori a vita:
via Repubblica.it
Perché siamo diventati un popolo che tende a fidarsi maggiormente di santoni capaci di propinare cure miracolose, piuttosto che credere ai risultati scientifici proposti dalla comunità internazionale. Un grave limite che può minare la crescita civile, ma anche i legislatori, chiamati a fare leggi su argomenti che non conoscono quanto dovrebbero e che, molto spesso, su sollecitazione della pubblica opinione possono prendere decisioni affrettate soltanto per rispondere ad un tornaconto elettorale.
Facciamo riferimento al caso più recente e più noto, quello di Stamina, in cui i ministeri competenti hanno con difficoltà espresso una decisione univoca sull'argomento, venendo sorpassati, delle volte, anche dalla magistratura.
NONOSTANTE i freni cui cultura, innovazione, scienza e medicina sono da sempre sottoposti nel nostro paese, l’Italia dispone di competenze scientifiche, umanistiche, tecnologiche e imprenditoriali, abituate a sfide e a vittorie mondiali, dimostrando così che ci siamo anche noi. Eccome. Tuttavia nei campi più diversi ci si è trovati spesso di fronte a soluzioni legislative che hanno dato l’idea di “farsi un baffo” di queste raggiunte competenze, così come dell’esame delle fonti e dei fatti controllati. Il risultato è stato che in troppe occasioni non si è riusciti a cogliere al massimo le opportunità di sviluppo economico e i miglioramenti sociali che scienze e tecnologie e la cultura in generale potevano offrire. In quelle occasioni a perderne è stata anche la crescita civile della nazione, dei suoi cittadini, mal allenati al pensiero critico da pratiche comunicative populiste e demagogiche. Cittadini ai quali non si spiega cosa siano gli ogm (anzi, si vieta persino di studiarli… per poi importarli dall’estero); che la diagnosi pre-impianto è una conquista medica e sociale; che Stamina è l’anti-compassione; che il metodo Di Bella — sul quale ora alcune Regioni pare investiranno (non è il caso che il Governo controlli?) — non è medicina; che la sperimentazione animale è inevitabile; che i vaccini non causano l’autismo e che i terremoti non si prevedono ma che il territorio può essere difeso salvando vite e denaro.
Le analisi della senatrice a vita continuano sulle possibilità che la politica ha per mettere un freno alla situazione, analizzando anche le proposte di riforme del governo Renzi sul ruolo dei senatori a vita:
Per questo vorrei richiamare l’attenzione sulla opportunità di vedere la presenza di 21 senatori, rivendicata solo ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nel corso dell'assemblea con i senatori del Pd, che si siano distinti per aver «illustrato il Paese per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Senza banalizzazione e senza aut aut, neppure sul loro numero, ma riflettendo sulle ragioni della proposta. Immaginandoli, cioè, come il frutto dello sforzo di sottrarre una parte della futura Camera Alta alla fisiologica spartizione politica dei seggi senatoriali, per innestare stabilmente nel circuito delle decisioni parlamentari lo spazio per un apporto di esperienze d'eccellenza conoscitiva riconosciuta, oggi poco presente. In altre parole queste figure sarebbero di aiuto alla politica nello scongiurare errori clamorosi come alcuni recenti e nell'affrontare visioni sul futuro. Se vi fosse accordo sull’obiettivo, sono sicura che i nostri eccellenti costituzionalisti e esperti della materia saprebbero individuare un meccanismo di “nomina o elezione” funzionale a realizzare l'aspettativa comune.
via Repubblica.it