Bocciati

Centralità del Parlamento, difesa della solidarietà tra le Regioni e della garanzia di pari diritti per i cittadini, oltre che dell’equilibrio di bilancio, sono i principi che hanno ispirato la pronuncia della Corte Costituzionale che condanna larga parte del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. 

Non si possono trasferire intere materie o ambiti di materie, ma solo specifiche funzioni legislative e amministrative giustificandole in relazione alla singola regione e in base al principio di sussidiarietà. Così come si riconosce la limitazione del ruolo del Parlamento nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’illegittimità del ricorso al DPCM per individuarli, come abbiamo più volte denunciato. Prevede, come richiesto a gran voce dalle opposizioni, la possibilità per le Camere di emendare le intese ridando centralità al Parlamento e fa saltare la furbizia del governo di dividere tra materie LEP e non LEP. E soprattutto mette in evidenza che non si fanno le nozze con i fichi secchi. La clausola di invarianza finanziaria è una solenne presa in giro. Anche qui la Corte afferma una delle critiche principali che abbiamo sollevato nel dibattito parlamentare: l’individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi per finanziare le funzioni "dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard… liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che restano comunque a carico dello stesso". 

Bastava leggerla, la Costituzione.

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