Ora come ricostruiamo il Pd?


Il Partito Democratico vive uno dei suoi momenti più difficili. 

L'agguato a Prodi ha messo in luce quanto i parlamentari Pd siano stati poco 'fedeli' alle indicazioni del loro vertice. Correnti, scorrettezze, gelosie, rancori si sono intrecciate in quella scelta.

Dove e perché si è infranto il capitale di fiducia che il popolo democratico aveva assegnato al suo partito con la bella sfida delle primarie per il segretario e per le candidature?

Apriamo uno spazio di discussione (nello spazio commenti in basso), raccomandandoci ai lettori commentatori di mantenere la discussione il più possibile civile e serena, seria e meditata ancorché dura. Solo così potrà essere anche utile e trasparente.

Per approfondire vi riportiamo l'intervista per il quotidiano L'Unità , di Fabrizio Barca, Ministro uscente della Coesione territoriale e neo iscritto al Partito Democratico.

Iniziamo da lui, e cercheremo di proporvi diverse voci del dibattito in corso.

***

Fabrizio Barca, ministro uscente della Coesione territoriale e neo iscritto al Pd, ieri è stato protagonista della giornata che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale. Con un tweet in cui definiva «incomprensibile» la scelta del Pd di non appoggiare Stefano Rodotà e di non proporre Emma Bonino.

Non le è parso il suo un intervento
tardivo, quando ormai i giochi erano fatti?


«Ho ritenuto di scegliere una finestra temporale molto stretta dopo lunga meditazione, per evitare che un ministro di un governo di emergenza potesse in alcun modo interferire nelle decisioni. Al contempo, ho voluto parlare prima di sapere se la straordinarie e inedite pressioni sul presidente Napolitano affinché facesse ciò che egli aveva chiesto che non avvenisse, avessero una risposta. Un attimo prima sarebbe stata un’interferenza, un attimo dopo un giudizio. Ma volevo dire che il Pd aveva in mano tre carte straordinarie, Prodi, Bonino e Rodotà, per evitare di dover chiedere questo passo a Napolitano. La generosità del presidente nulla toglie alla gravità della richiesta che gli è stata fatta. E mi chiedo: perché il Pd è arrivato a questo?».

In passato, sostengono alcuni osservatori, le votazioni per il Colle si sono trascinate molto più a lungo, anche in presenza di forti tensioni sociali. Forse non c’era tutta questa fretta di chiudere alla sesta votazione...«Sono perfettamente d’accordo. Il Pd poteva ben presidiare altre votazioni, come è avvenuto anche in momenti ben più drammatici di questo. Ma allora il partito di maggioranza relativa, la Dc, era tenuto insieme da convincimenti e da una volontà così profonda di stare insieme da riassorbire le tensioni e i risentimenti. Evidentemente oggi quella colla non viene avvertita dal gruppo dirigente». 

Dunque il Pd avrebbe dovuto muoversi diversamente?«Constato che il gruppo dirigente ha ritenuto di non poter reggere oltre. Eppure Prodi, Rodotà e Bonino rappresentano le tre grandi culture del Pd, quella liberale, quella socialista e quella cristiano sociale. Perché non si trovata un’intesa su uno di questi nomi? Evidentemente hanno prevalso i personalismi, come si è visto nell’irraccontabile voto su Prodi». 

Continua a leggere sul sito de L'Unità.

DoppiaM

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