L'Aquila e la condanna degli esperti della Commissione Grandi Rischi


Era il 31 marzo del 2009.

Il territorio intorno all'Aquila è scosso da mesi da numerose piccole scosse di terremoto, che mettono in allarme la popolazione. Sollecitati dal Sindaco Cialente, la Commissione Grande Rischi, organo di consulenza della presidenza del consiglio dei ministri, si riunisce per fare chiarezza e dare informazioni alla cittadinanza.

Scelgono di rassicurare gli aquilani, dicendo che era era molto improbabile che una forte scossa potesse verificarsi. Una previsione sbagliata, come si capì alle 3,32 del 6 aprile 2009 e ancora meglio nei giorni seguenti.

Per questo, lunedì il giudice unico Marco Billi ha condannato a sei anni di reclusione, per il loro ottimismo, i sette componenti della commissione Grandi rischi: sei esperti e il vice direttore della protezione civile, Bernardo De Bernardinis, ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose per il contributo dato con la loro previsione sbagliata alla morte delle persone che, fidandosi delle loro parole, non si erano allontanate dalle loro case.

Una sentenza che ha fatto discutere, già dal momento della sua pronuncia.

Si può prevedere un terremoto? E se ci sono segnali di questo tipo, come si può immaginare di allontanare la popolazione? Non è che ora la Protezione Civile, nel dubbio, lancerà allarmi che si riveleranno infondati? E quali tecnici si assumeranno le responsabilità di un parere, viste le possibili conseguenze?

Come altre volte, parlando del terremoto dell'Aquila, vogliamo rilanciare le parole di Giustino Parisse, caporedattore del quotidiano locale "Il Centro". Il 6 aprile 2009 ha perso i suoi due figli, morti sotto le macerie della loro casa.

Giustino Parisse ha scritto ieri un commento che merita di essere letto integralmente. La sua reazione, di fronte ad una sentenza di condanna, è stata quella di piangere, ma, come scrive, "non erano lacrime di soddisfazione".

"Era il dolore che esplodeva nello stomaco quasi a togliere il fiato. Ho rivisto attimo per attimo i momenti in cui le macerie si sono portate via i miei ragazzi e quell'urlo «Papà , Papà» è tornato a incidere la carne. Eppure anche di fronte a una condanna tanto dura non riesco a immaginare quegli uomini, che ora potrebbero rischiare il carcere, come gli assassini dei miei figli".
Parisse si è fatto un'idea, di questo processo, che pure ha voluto, sollecitando con un esposto l'avvio di questa indagine:
"Questo processo è stata una sconfitta per tutti. E' lo Stato che ha condannato se stesso. Uno Stato che in quel 31 marzo 2009 aveva rinunciato al suo ruolo: quello di proteggere i cittadini per piegarsi alla volontà della politica che doveva mettere a tacere i disturbatori. E' per questo che quello che si è svolto nel tribunale dell'Aquila non è stato un processo alla scienza. E' stato piuttosto un processo a scienziati che di fronte al volere dei potenti dell'epoca hanno "staccato" il cervello e obbedito agli ordini. Oggi condannarli al rogo non serve. Io non lo faccio e spero che anche il loro tormento interiore - che pure non ha nulla a che spartire con chi ha perso tutto - venga compreso e rispettato".
Qui l'articolo completo.

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