La Brianza senza lavoro
Torniamo a parlare di lavoro. O meglio, del lavoro che non c'è.
Lo facciamo con l'aiuto del quotidiano l'Unità, che in queste settimane pubblica degli speciali, "Cronache operaie" a cura di Rinaldo Gianola
Lo speciale n°3 riguarda la situazione della Brianza
I carabinieri si fermano sulla strada, all’ingresso dello stabilimento in via Lecco. La protesta è certamente pacifica. Dentro, i lavoratori della Bames e della Sem salgono a occupare l’ufficio di presidenza del proprietario Romano Bartolini che per un autentico e incomprensibile miracolo italiano è venuto in possesso di una parte del primo, enorme insediamento produttivo dell’Ibm, qui nel polo tecnologico di Vimercate, Agrate Brianza, nella nostra Silicon Valley che rischia ogni giorno di perdere un pezzo. Gira un cartello con l’immagine di Bartolini “wanted”, ricercato.
Il megafono gracchia, chiede scusa ai pochi impiegati presenti, spiega che il 22 ottobre prossimo scade la cassa integrazione in deroga per 330 dipendenti destinati alla procedura del licenziamento collettivo. Complessivamente i lavoratori delle due imprese in crisi sono oltre 600. Altre aziende hanno cessato l’attività, alcune hanno tagliato, il gigante Alcatel Lucent per ora ha rinunciato a chiudere, si attende il piano industriale.
StMicroelectronics e la sua scissione delle memorie Micron, insieme fanno circa cinquemila persone, per ora resistono. Il polo brianzolo occupava fino a pochi anni ventimila addetti: operai, tecnici, ingegneri, ricercatori, un patrimonio di professionalità e di competenze da far invidia al mondo.
C’è una rabbia ma anche tanta stanchezza, delusione. Questa battaglia va avanti da anni senza soluzioni, cresce il senso di solitudine per chi è sempre stato abituato al lavoro, a fare il proprio dovere, poi si trova sbattuto in un angolo e non riesce a trovare una spiegazione. «Abbiamo il cuore pieno di tristezza» sintetizza Anna Beretta, 54 anni, di Bernareggio, due figli, che 35 anni fa aveva fatto il suo ingresso trionfale in Big Blue, come veniva chiamata l’Ibm in America, la più potente impresa informatica del mondo.
Appoggiata a una scrivania, mentre finisce l’occupazione, racconta: «Abbiamo sempre lavorato tanto: all’inizio facevamo tre turni di otto ore e le donne erano escluse, poi siamo passati al sei per sei per tutti e se era necessario ci chiamavano pure la domenica. I guai sono arrivati dopo la scissione, la vendita, quando siamo passati a Celestica e poi a Bartolini. Fuori è difficile, la Brianza non è più il paradiso: ho provato a cercare lavoro, mi offrono solo contratti di pochi mesi. Mio figlio è in cassa integrazione perchè ha voluto fare il meccanico anche se l’ho fatto studiare. Mia figlia ha avuto un contratto di apprendistato per due anni, poi l’hanno lasciata a casa. Se ne approfittano».
Intanto, proprio ieri, presso la sede della Provincia, sono stati presentati i dati relativi al flusso del mercato del lavoro nel primo semestre 2012 elaborati dall’Osservatorio Mercato del Lavoro, che raccoglie e analizza gli andamenti - tra cui le assunzioni e le cessazioni - derivanti dalle comunicazioni obbligatorie effettuate dalle aziende della Provincia di Monza e Brianza. Qui per saperne di più.
DoppiaM