La sentenza sulla 'ndrangheta al Nord


"La 'ndrangheta in Lombardia è da almeno tre generazioni un fenomeno autonomo rispetto all’associazione mafiosa calabrese».

Sono destinate a far discutere le parole del giudice Roberto Arnaldi nelle 905 pagine di motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 19 novembre, ha condannato con rito abbreviato a pene fino a 16 anni 110 imputati coinvolti a Milano nelle operazioni «Infinito» e «Tenacia» che con gli arresti del luglio 2010 avevano smantellato la rete di infiltrazioni ’ndranghetiste in Lombardia.

Armi, droga, pizzo, racket, intimidazioni, ma anche affari, sanità, gioco d’azzardo e politica. Tutto questo è la mafia in Lombardia. Un dato sopra tutti per dimostrare il modus operandi della organizzazione: 130 incendi dolosi, oltre 70 episodi intimidatori commessi con armi, munizioni e in alcuni casi esplosivi.

Parlare di "infiltrazione" è già datato: chi indaga e chi si scontra parla di "colonizzazione".

Queste però non sono novità, come non sono novità inchieste, arresti e la presenza della mafie in terra padana, nella capitale del tessuto socio-economico del Paese. Si sa sempre troppo poco, anche perché le inchieste partono ovviamente dopo i reati, e la Lombardia sconta la facile penetrazione che le mafie ottengono all’interno dell’economia e della politica anche in città e cittadine apparentemente insospettabili.

Così, se ci sono zone più o meno calde, dove la cittadinanza non può rimanere indifferente davanti alle inchieste della magistratura, ci sono invece zone dove tanto deve ancora venire alla luce del sole, e altre dove invece la criminalità ha solo dormito per qualche tempo.

Leggi qui dal sito de Linkiesta una ricostruzione, zona per zona, della situazione in Lombardia; il sito offre anche la possibilità di leggere qui il testo integrale della sentenza

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