Il fattore famiglia di Regione Lombardia



E’ stata approvata la scorsa settimana, con il solo voto di PdL e Lega e con una forzatura del regolamento senza precedenti, la legge regionale sulla compartecipazione degli utenti ai costi dei servizi sociosanitari.

La legge introduce, per la prima volta in Italia, il principio della compartecipazione degli utenti alla spesa sanitaria; quindi il primo dato da mettere in evidenza è che la Lombardia, che dichiara di avere i conti della sanità in pareggio, chiede una compartecipazione delle famiglie e dei cittadini alla spesa sanitaria proprio in un momento di crisi socio-economica come questo.

E’ stata presentata come la legge che introduce il “fattore famiglia”. Ma cos’è il “fattore famiglia”?

Con l'introduzione del fattore famiglia lombardo, per la prima volta nel calcolo delle tariffe dei servizi sociali viene preso in considerazione il carico familiare attraverso la definizione di «scale di equivalenza» che garantiscono e tutelano le famiglie numerose, le famiglie con figli minori, la presenza di persone con disabilità o non autosufficienti. Il fattore famiglia lombardo diventa quindi lo strumento attraverso cui Regione, Province e Comuni determineranno, ciascuno nel rispetto delle rispettive competenze, il valore dei voucher sociali e sociosanitari, gli altri benefici economici e la compartecipazione economica ai costi delle prestazioni sociosanitarie e sociali.

Il problema è che a fronte di sacrosanti “sconti” che saranno riservati alle famiglie che rispondono ai suddetti criteri, la legge carica sulle spalle della grande generalità delle altre famiglie il costo di questi sconti.

Il Partito Democratico Lombardo, all’inizio del lungo iter durato nove mesi, che ha portato all’approvazione della legge, aveva condiviso l’idea di introdurre criteri nuovi, ma aveva chiesto che questo non avvenisse a costo zero per la Regione, scaricando cioè i costi sui cittadini stessi e sugli enti locali, già in ginocchio per i tagli lineari ripetuti subiti.

Considerazioni negative analoghe a quelle del PD sono state svolte anche dagli enti locali, dalle parti sociali, dalle associazioni dei gestori e dal Forum del Terzo Settore.

La legge, oltretutto, dovrà essere rivista fra tre mesi , quando il Governo avrà approvato, la riforma dell’ISEE: perché allora tutta questa fretta?

E ancora: la legge prevede una sperimentazione di un anno (del costo di 1,5 milioni di euro), che sarà attuata presso solo 15 comuni lombardi, mentre tutti gli altri 1500 comuni dovranno attendere un anno prima di applicare i nuovi criteri, sempre che la sperimentazione dia risultati utili. In sostanza: è la prima volta che si approva una legge prima di conoscere gli esiti di una sperimentazione concepita per definirne i contenuti, senza dimenticare poi che la Regione ha commissionato uno studio di oltre 4 milioni di euro per la definizione di un nuovo modello di welfare lombardo!

Il Partito Democratico ha chiesto infine, ovviamente senza essere ascoltato, l’istituzione, come fatto in altre regioni, di un Fondo regionale per la non autosufficienza, considerato l’azzeramento totale dell’analogo fondo nazionale stabilito dalle manovre di Tremonti.

Se è vero che di soldi non ce ne sono, è però doveroso che i soldi che ci sono vengano distribuiti secondo criteri di vera equità.

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