Eternit: giustizia è fatta. Un processo storico
foto di Francesco del Bo - Photonews - dal sito di Repubblica
"Colpevoli dei reati a loro contestati"
E' stato questo il verdetto del giudice Giuseppe Casalbore, pronunciato ieri a Torino nel maxi processo contro i responsabili della società Eternit Spa, lo svizzero Stephan Schmidheiney e il belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne.
Un verdetto atteso da moltissime persone, e accolto con le lacrime dei parenti delle vittime dell'amianto e degli ammalati.
L'accusa era di disastro ambientale doloso e di omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche nei luoghi di lavoro, in riferimento al periodo dal 1952 al 2008 negli stabilimenti italiani della Eternit a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli; per quanto avvenuto negli ultimi due stabilimenti, il reato è stato giudicato prescritto.
Molto rilevanti anche gli indennizzi riconosciuti dalla Corte: 30mila euro per i parenti delle vittime, 35mila euro per coloro che sono ammalati. E ancora: 100 mila euro per ogni sigla sindacale, 4 milioni per il comune di Cavagnolo, e una provvisonale di 15 milioni per l’Inail, 25 milioni al Comune di Casale, che aveva rifiutato il risarcimento da 18 milioni proposto dagli imputati.
Ci sono volute tre ore e un minuto al presidente della Corte per pronunciare i 2900 nomi di chi ha diritto ad essere risarcito, perché ammalato o familiare di una vittima dell’amianto prodotto dalla Eternit.
Il processo Eternit di Torino per i morti e malati d’amianto è stato la più grande causa in materia mai celebrata in Europa; il capo d’accusa conteneva un elenco di 2.191 morti e 665 malati a causa delle patologie correlate con l’amianto e circa 6.400 richieste di costituzione di parte civile, quasi interamente accolte.
«La sentenza rende giustizia alle famiglie» ha detto Bruno Pesce, presidente della Aneva, l’associazione che riunisce i familiari delle vittime dell’amianto. «I 16 anni inflitti agli imputati dimostrano che nell’accaduto vi furono consapevolezza e dolo. Purtroppo il disastro che hanno provocato è ancora in corso».
Il più grande processo nel mondo e della storia in materia di sicurezza sul lavoro si è dunque concluso con l'accertamento di una situazione che si denuncia da anni: le morti da amianto sono avvenute per responsabilità di qualcuno.
Questa sentenza, come ha detto ancora Bruno Pesce, è un monito di grandissima rilevanza, in questo momento di difficoltà finanziarie: ci dice che il dato economico è importante, ma che la vita umana lo è di più.
Chi avvelena paga: una sentenza storica lo certifica. Non é accettabile nessuno scambio tra salute e lavoro. E anzi l'industria è responsabile penalmente dei danni all'ambiente e alla salute umana che la sua attività produce. Ma la battaglia continua, anche per rispettare la memoria delle tante vittime dell'amianto.
La sentenza di condanna non chiude una storia e non può nemmeno archiviare una strage consegnandola finalmente alla memoria: perché la strage continua. Oggi i nuovi casi di mesotelioma sono almeno 50 l’anno, il doppio rispetto a dieci anni fa.
Mario Calabresi, il direttore de La Stampa, scrive oggi (qui) che le condanne pronunciate ieri sono il riconoscimento di una delle più coraggiose e tenaci battaglie per la verità e la giustizia portate avanti in Italia. Una battaglia grazie alla quale si è dimostrato che per anni si è continuato a produrre nonostante fossero chiari i rischi per la vita di un’intera comunità.
Ora nessuno potrà più nascondersi
dietro l’ignoranza o la manipolazione.