Acqua pubblica: ancora una bocciatura per la Regione!


Il 12 e 13 giugno scorsi, 27 milioni di italiani hanno votato per l'uscita dell'acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico.

Ad oggi, nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione: anzi, con una delle sue ultime manovre economiche, il Governo Berlusconi ha ha rilanciato la privatizzazione dei servizi pubblici locali, riproponendo i contenuti del Decreto Ronchi, bocciato dal referendum.

Al referendum, a giugno, oltre 3 milioni e 700 mila cittadini lombardi hanno votato Sì all’abrogazione delle norme che imponevano la privatizzazione e garantivano i profitti sulla gestione dei servizi idrici. Eppure, la Regione ha continuato ad insistere con le sue idee: esproprio delle competenze dei Comuni e privatizzazione dell’acqua.

Se la legge regionale non verrà cambiata al più presto, il rischio è che l’acqua di tutta la Lombardia finisca nelle mani di poche imprese private, italiane o straniere, interessate solo a fare profitto.

Venerdì scorso, la Corte costituzionale ha bocciato la legge della Lombardia, stabilendo che le reti idriche sono demanio pubblico, come le spiagge, i fiumi e le vette delle montagne e dunque ha ribadito il principio che gli italiani hanno voluto riaffermare con il referendum di giugno.

La Regione è stata bocciata, ancora una volta, su una norma scritta di fretta lo scorso dicembre, senza tenere conto della volontà dei cittadini lombardi.

Ora è ancora più chiaro che la legge deve essere riscritta a partire dall’esito del referendum, anche perché il sistema ha bisogno di indirizzi certi che facciano ripartire gli investimenti e garantiscano la qualità del servizio.

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