Il lavoro per unire il Paese.


Com'è giusto che sia, in questi giorni stiamo scrivendo molto  in merito ai ballottaggi.

Non vogliamo però perdere di vista neanche per un minuto il dramma di molti lavoratori.

Perchè chi perde il lavoro vive senza volerlo una "vita sospesa" alla ricerca costante di un nuovo impiego.

In questi giorni, dopo ottantamila insegnanti cacciati dalla scuola che stanno già cercando un altro lavoro e alcune migliaia di loro hanno «l'età del baratro», dopo milioni di giovani che sopravvivono con meno di mille euro al mese, dopo centinaia di migliaia di commercianti, di partite iva, di piccoli artigiani che hanno chiuso strozzati dalla crisi, dalla burocrazia e da un fisco oppressivo, ci sono gli operai.

Anzi, forse prima di tutto questo ci sono gli operai.


Tra rabbia e disperazione, non si ferma l'azione di protesta dei lavoratori di Fincantieri: un pezzo dell’economia nazionale nel mondo, una delle nostre principali risorse sta tracollando clamorosamente.


Ci sono migliaia di lavoratori, di operai specializzati anche di imprese dell'indotto, che sono stati messi in cassaintegrazione per improvvise cadute di commesse, ma soprattutto per l’uscita dal mercato mondiale della casa madre, Fincantieri.

Le violenze conseguite dalla paura di perdere tutto non sono mai giustificate. Però queste sono comprensibili. 

Dobbiamo chiedere alla politica di stare vicino a queste e a tutte le persone in difficoltà lavorativa.
Dobbiamo immaginare la qualità del lavoro che vogliamo per i prossimi anni.
Dobbiamo avere una proposta equilibrata, credibile, di forte riunificazione del lavoro. Una proposta capace di parlare alle nuove generazioni, al lavoro, alle imprese e, in generale, al paese.

DoppiaM

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