Un'altra possibilità all'Italia

Oggi Il Sole 24 ore pubblica un'interessante intervista al segretario del PD Pierluigi Bersani.

Si parla di economia, di priorità del PD, si individuano le proposte del nostro partito per concretizzare quell'idea di alternativa al Governo e alle sue politiche della quale si parla da tempo.

Abbiamo selezionato una parte dell'intervista, che riportiamo di seguito. Qui invece il link per chi vuole leggere l'intervista integrale.

Segretario, lei ha lanciato il progetto dell'alternativa. Ma finora lo ha identificato soprattutto con la politica delle alleanze. In questo forum vorremmo provare a declinarlo in termini di contenuti.

Io sento fortemente l'esigenza di dare agli italiani un'altra possibilità.
Questo è il compito dell'opposizione. E questa idea voglio calarla
immediatamente nella realtà di oggi. Alternativa per me è, prima di tutto, cosa
faremmo di diverso per affrontare la crisi economica. Serve una prospettiva per
il Paese, per le nuove generazioni. Il Governo ha provato a far passare un
messaggio di ottimismo di maniera: non stiamo, come tante volte si legge, meglio
degli altri. Perciò la prima cosa alternativa che farei è un discorso veritiero
agli italiani.
Avete proposte concrete?

Dobbiamo agire sul denominatore, sulla crescita. Dobbiamo spingere gli investimenti. Nel 2010, rispetto al 2009, abbiamo un 12% in meno di spese di investimento. Serve invece un grande piano di piccole opere, perché le grandi opere hanno i loro ritmi. E poi l'economia verde, che è in grado di mobilitare anche il risparmio privato. Va rafforzato, quindi, il potere d'acquisto, con interventi per le famiglie numerose e per chi rischia di finire sotto la soglia di povertà. E dando un occhio ai settori tariffati - acqua, assicurazioni, rifiuti, trasporti - perché dall'inizio dell'anno vediamo andamenti non molto monitorati. E infine bisogna occuparsi subito e concretamente di liquidità delle imprese.Noi abbiamo centinaia di crisi industriali con caratteristiche diverse. Alcune sono crisi di natura finanziaria, altre sono legate ai costi, altre a deficit di imprenditorialità, altre a una sovracapacità produttiva da ridurre. Bisognerebbe dare a ciascuna situazione una differente risposta.
Il ministro Tremonti ha aperto il confronto su una grande riforma fiscale. Voi sarete al tavolo?

Nella sede propria che è il Parlamento siamo sempre pronti a discutere. Bisogna però partire dal tema di una maggiore fedeltà fiscale, perché le tasse crescono per chi le paga. Dobbiamo avvicinare una media di fedeltà fiscale europea e per farlo dobbiamo ricorrere sì alla deterrenza, ma serve poi la tracciabilità di tutte le operazioni e la capacità di premiare con abbassamenti fiscali quelle categorie che mostrano una crescita della fedeltà. Serve un piano di cinque anni su questo.
L'idea di alternativa ha anche bisogno di gambe su cui camminare. Lei ha vinto il congresso ponendo il problema delle alleanze e superando la vocazione maggioritaria di Veltroni. Ora siamo tornati al punto di partenza: l'alleato è sempre Di Pietro.

Le cose vanno viste nel flusso, nel percorso. Sono pronto a reggere tutte le intemperie. Dobbiamo offrire a questo paese un'alternativa. Se uno la vede così e registra i fatti a oggi la situazione è questa: l'Udc, che prima era con la destra in 13 regioni su 13, andrà in 3 o 4 con noi, 2 o 3 con il Pdl e per il resto da sola. L'Idv, salvo la Calabria, è con noi. Con i Radicali abbiamo accordi e, in alcune realtà, anche con Rifondazione. Con Sinistra e libertà e con i Verdi c'è intesa. L'idea che la destra ci collocasse nella ridotta di tre regioni e che disarticolasse un'opposizione litigiosa perde colpi.
Non temete che sulla giustizia e sull'immunità ci sia un condizionamento eccessivo da parte di Di Pietro?

Innanzitutto dico che se si ritiene, mentre si discute di leggi ad personam, di tirar fuori l'immunità parlamentare come un alleggerimento, questa è un'aggravante. La verità è che per venir fuori da questa lunga transizione, occorrerebbe uno statista che dicesse: adesso i miei problemi me li vedo io...
È interessante che in questa discussione lei abbia citato Berlusconi una sola volta mentre invece il dibattito politico è tutto pro o anti Berlusconi.

Il messaggio subliminale che vorrei lanciare agli italiani è che io e il mio partito camperemmo bene anche se non ci fosse Berlusconi. Ma è vero, siamo tutti vittime di questo meccanismo pro o contro che, alla fine, porta acqua sempre a lui. Ridimensioniamolo questo fenomeno. Lui ha governato 7 anni ed è in campo da 15: vi chiedo, in che cosa è cambiata l'Italia? Il Paese non ha fatto passi in avanti. L'abbiamo sconfitto quando siamo riusciti a non mettere lui al centro del dibattito. E dovremo rifarlo. Mettendo davanti l'economia, i lavoratori, le imprese.
I sondaggi raccontano che il centro-sinistra si è indebolito tra gli operai e nei ceti produttivi del Nord. La dimostrazione di questa vostra lontananza è Milano: non avete più vinto nella città simbolo del riformismo e del mondo produttivo. Perché?

Quali operai? E quale nord? Perché anche l'Emilia Romagna è Nord. Il problema è un altro: tutto si gioca sul territorio. Con la caduta delle ideologie, con la globalizzazione, è sul territorio che si formano gli orientamenti politici ed è lì che un partito organizza la sua personalità e la sua difesa rispetto a quello che succede nel mondo. Il mio messaggio sarà: il colore di un comune è il colore del gonfalone. Non è il verde.

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