"Guantanamo è qui"


206 le prigioni in Italia: vi sono rinchiusi 67.394 detenuti. A fronte di una capienza regolamentare pari a 45mila unità. L’indulto del 2006 non è servito a nulla: il numero dei reclusi - sceso a 39mila unità all’indomani del provvedimento - è raddoppiato nel giro di cinque anni. Uno su due è in attesa di giudizio. Venti i suicidi dall’inizio dell’anno. Un terzo della popolazione carceraria è composta da stranieri.

Solo nell’ultimo triennio, le spese per i detenuti e per la manutenzione delle carceri sono state decurtate del 31,2 per cento. Un taglio netto di oltre 205 milioni di euro. Il piano per costruire nuove carceri costa 669 milioni ma è già insufficiente. Saranno poco più di 9 mila i nuovi posti, mentre ne servirebbero 15 mila.

La situazione delle carceri è davvero insostenibile.

Una catastrofe umanitaria, come l’ha definita Luca Ricolfi sulle colonne de La Stampa. Una situazione che interroga la politica, naturalmente, ma anche la società civile che si è mobilitata per l’acqua pubblica e il nucleare, ma non trova mai abbastanza interessante la situazione delle carceri.

Oggi, per la prima volta nella storia repubblicana, i direttori delle carceri italiane sciopereranno in massa, scenderanno in piazza a Roma per protestare "sullo stato penoso del sistema carcerario italiano".

Parlano di "prigionieri" e non di detenuti. Poi scandiscono: "Guantanamo è qui, non a Cuba".


Il sovraffollamento non è solo un problema di numeri: i detenuti sono di nazionalità diverse, con un numero elevato di professioni e di sensibilità religiose, innumerevoli diversità che vanno da quelle comportamentali in senso stretto a quelle alimentari.

In questa condizione, spesso, l’articolo 27 della Costituzione resta lettera morta. I progetti di recupero, poi, sono un lusso per pochi.

Per saperne di più qui e qui due approfondimenti de L'Inkiesta, qui l'articolo di Avvenire, qui l'editoriale di Luca Ricolfi su La Stampa.

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