USA, Kamala Harris accetta la nomination

Kamala Harris ha accettato, in un discorso che ha infiammato la platea cella Convention democratica di Chicago, la nomination come candidata alla presidenza degli Stati Uniti

“Quindi, a nome del popolo, a nome di ogni americano, indipendentemente dal partito, razza, genere o dalla lingua che parla tua nonna, al nome di mia madre e di tutti coloro che hanno intrapreso un viaggio difficile, a nome degli americani, come le persone con cui sono cresciuta, persone che lavorano sodo, inseguono i loro sogni e si prendono cura l’uno dell’altro, a nome di tutti coloro la cui storia potrebbe essere scritta solo nella più grande nazione sulla Terra, io accetto la vostra nomination per la presidenza degli Stati Uniti d’America”, ha detto l’attuale Vicepresidente.

Accettando la nomination Harris ha invitato gli americani a “andare oltre l’amarezza, il cinismo e le battaglie divisive del passato”. E ha detto che la sua corsa presidenziale è “un’opportunità per tracciare una nuova strada da seguire”, assicurando di non voler essere presidente di una parte degli americani, ma una “presidente per tutti gli americani”. 

Una presidente, ha continuato, che “ci unirà attorno alle nostre più alte aspirazioni”. Una presidente “che guida e ascolta, che sia pratica e con buon senso e che lotti sempre per il popolo americano”. 

Un profilo diverso, opposto a quello di Trump, nell’impostazione del discorso di Harris. “Dal tribunale alla Casa Bianca, questo è sempre stato il lavoro della mia vita”, ha detto la candidata democratica, accusando invece Trump di essere un uomo che “non prende sul serio le cose”, che ha creato caos e disastri durante il suo mandato alla Casa bianca e che potrebbe fare ancora peggio se rieletto. Harris ha ricordato gli eventi del Campidoglio. Trump, a suo dire, “ha cercato di buttare via i vostri voti,” dice, riferendosi ai suoi tentativi legali di ribaltare i risultati elettorali in numerosi stati nel 2020. E quando ha fallito in quel tentativo, “ha mandato una folla armata al Campidoglio”. Ha poi ricordato le numerose inchieste nei confronti del rivale. Lo ha accusato di voler riportare indietro il paese, citando i divieti all’aborto e la politica fiscale volta a favorire solo i più ricchi. Harris ha detto invece di voler incentrare la sua presidenza sulla “classe media” , che è quella “dalla quale vengo”, ricordando il budget “rigoroso” della madre.  

Per quanto riguarda lo spinoso tema della politica internazionale, Harris è stata ferma nel sostegno all’Ucraina, che ha bisogno della mobilitazione di una “risposta globale”. La candidata ha chiarito che continuerà nel “fermo sostegno” all’Ucraina e “ai nostri alleati della Nato”

Sul Medio Oriente, Harris ha assicurato che difenderà sempre Israele, ma ha chiesto che la guerra a Gaza finisca. “Ora è il momento di raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco,” ha detto, mentre fuori dalla convention continuavano le proteste dei manifestanti pro-palestinesi. Harris ha condannato la violenza “indicibile” dell’azione di Hamas del 7 ottobre, ma anche definito “devastante” quanto è accaduto a Gaza in seguito. 

“Puntare sulle coalizioni è una strada obbligata, per battere questa destra in società così fortemente divise. Ma parlo della chiarezza del messaggio politico. L’idea emersa in questa Convention è un’offerta democratica che si ricolloca sul terreno sociale, non nel nome del radicalismo, ma della necessità di dare risposte alla maggioranza di persone che faticano”. Così Peppe Provenzano, Deputato e Responsabile esteri del PD, presente alla Convention dem di Chicago. 

“Affrontiamo in Europa e in Italia la stessa destra. A Milwaukee tra i repubblicani abbiamo avuto la celebrazione di un capo. La Convention democratica è stata invece il culmine di un processo che ha visto come protagonista un partito. La scelta di Harris e Walz ha riaperto la partita, superando il paradosso di un Partito Democratico forte ma con la debolezza della candidatura di Biden. Trump ora sembra senza argomenti. Non vorrei però che questo entusiasmo produca l’illusione di una partita facile. È difficilissima, si deciderà all’ultimo voto negli stati in bilico”, aggiunge. 

“Queste elezioni – sottolinea Provenzano – sono una battaglia per proteggere la democrazia dalla minaccia di Trump. Ma chi fatica non pensa in astratto, vuole risposte concrete. Chi lotta per me e i miei bisogni? Chi mi protegge? Dalla risposta a queste domande dipende la capacità di Harris e Walz di trasformare l’appello per la difesa della democrazia in una proposta politica coerente e vincente”. 

La differenza rispetto a otto anni fa è che chi vota Trump non lo fa più per protesta, ma per convinzione. È un’ideologia, stavolta è diverso. L’elemento più pericoloso è l’alleanza tra l’estremismo politico della destra e quello dei miliardari tipo Musk, con un’involuzione democratica profonda. Dobbiamo offrire un messaggio altrettanto forte, una democrazia utile, che risponde ai bisogni, che non dimentica i dimenticati. Mostrando che la solidarietà è un investimento”, conclude.

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