“La Sicilia che vogliamo”. Parla Franco La Torre, candidato del Pd
Quel cognome – La Torre – evoca una pagina eroica che non si può dimenticare. Che la Sicilia non dimenticherà mai. La Torre, Pio La Torre, è uno dei grandi simboli della lotta alla mafia, il dirigente comunista ucciso dalla mafia a Palermo 35 anni fa. “Io conosco benissimo il peso di questo cognome – ci dice Franco La Torre, oggi candidato del Pd alle Regionali del 5 novembre – e sono orgoglioso anche per questo cognome di dare il mio contributo a questa difficilissima battaglia che stiamo combattendo in Sicilia, la mia terra che non vorrei fosse consegnata a una destra irresponsabile e impasticciata negli affari”.
Ma lei, La Torre, è stato spesso molto critico con il Pd. Eppure questa volta è della squadra.
Sì, sono stato sempre a sinistra, con il Pci, i Ds, ma spesso ho avuto un rapporto – come dire – non facile con il Partito democratico. Oggi sono molto grato a Fabrizio Micari che mi ha chiesto di impegnarmi proponendomi, se vinceremo, di fare l’assessore alla legalità e alla cooperazione. Che è poi il tema sul quale sono professionalmente impegnato da trent’anni, dato che mi occupo di pianificazione strategica, lotta alla corruzione e progetti europei per la società “Risorse per Roma”.
La sinistra si è divisa. Era inevitabile?
Purtroppo sì. Non è stato possibile rifare a livello regionale l’alleanza che aveva sostenuto Leoluca Orlando a Palermo. Perché? Perché Mdp ha questa ossessione contro Renzi, la stessa ossessione che la sinistra aveva per Berlusconi, e ritiene che una sconfitta del Pd in Sicilia sia un segnale forte contro il suo segretario. Invece di fare una battaglia dentro il partito, fanno una battaglia sulla pelle dei siciliani. E’ una responsabilità grave.
La destra è la gran favorita. Ma che destra è? Che dice di Musumeci?
La destra è riuscita ad unirsi, e questo è un vantaggio. E’ sempre la solita vecchia destra, la destra degli affari spesso opachi, senza nessun progetto per il futuro dell’isola, nessuna idea, nessuna suggestione: e Musumeci è un miracolato, è una solzuione di compromesso fra i partiti della destra siciliana, è la faccia rassicurante e ‘d’ordine’ della tradizionale macchina di potere fondato sugli interessi di Sicindustria e dei soliti potentati locali. E’ la vecchia Sicilia, quella che ostacolerebbe qualunque ipotesi di sviluppo moderno. Nulla di nuovo sotto il sole.
La Torre, a lei bisogna chiedere se si sono fatti passi avanti nella lotta alla mafia.
Sì, passi avanti straordinari sia nel contrasto alla criminalità organizzata che dal punto di vista culturale. La cultura dell’antimafia è ormai un elemento solido in Sicilia. Ci sono voluti anni ma i risultati ci sono. Poi resta il convitato di pietra, la politica siciliana – e non solo siciliana – che ancora fa pasticci con ambienti del malaffare. Questa è una battaglia che non finisce mai.
La Sicilia è un incredibile mix di potenzialità e arretratezze. Su questo quali idee mette in campo il Pd?
La Sicilia è una miniera d’oro a cielo aperto. Solo una politica miope e corrotta come quella che ha imperversato per decenni è riuscita a non valorizzare il patrimonio straordinario di cultura, turismo, ambiente, tutta la filiera dell’agricoltura, che c’è in Sicilia: ma è possibile che andare da Palermo a Agrigento ancora oggi è un’avventura? E’ possibile che il trasporto pubblico in alcune zone sia da terzo mondo? La mia idea è che bisogna riportare la Sicilia al centro del Mediterraneo, perché la Sicilia può dare tanto al Mediterraneo, può essere il simbolo di una zona del mondo che funziona, un grande pentolone in cui si rimescolano quantità di saperi e di sapori diversi, una terra d’incontro fra le culture che vengono da Oriente e Occidente. Il contrario di una Sicilia come crocevia militare, di traffici di esseri umani, petrolio e droga.
E quindi?
E quindi bisogna investire sul turismo, sulle infrastrutture, sulla cooperazione internazionale, sulla formazione d’eccellenza, sulle università, come ci ricorda sempre il nostro candidato presidente Micari, che è un rettore. Una Sicilia nuova è la Sicilia che vogliamo.