Renzi: “La manovra non va sprecata: stop all’Iva, tagliamo le tasse”
Vi proponiamo l'intervista a Matteo Renzi di Emilia Patta – Il Sole 24 Ore.
«La data delle elezioni interessa solo agli addetti ai lavori. Votare a settembre o marzo cosa cambia per i cittadini? Nulla. L’importante è non sprecare la legge di bilancio». Noi abbiamo infranto il tabù dell’articolo 18, il Jobs Act ha permesso la creazione di 854mila posti di lavoro, abbiamo riportato il Pil al segno più. Ma finché la disoccupazione non scende almeno sotto il 10%, dobbiamo continuare a abbassare le tasse e a semplificare il sistema. Quello che è certo è che l’aumento dell’Iva va bloccato a tutti i costi. Ma la vera scommessa è continuare a buttare giù la pressione fiscale, sul cuneo certo ma anche sulle famiglie».
Matteo Renzi accetta la sfida lanciata dal Sole 24 Ore di parlare di programmi, di cose da fare, di priorità del Paese.
«Ha ragione il direttore Gentili quando ci invita a entrare nei contenuti del dibattito elettorale. A raccontare quali programmi dice l’ex premier e segretario del Pd. Noi come Pd abbiamo molto chiaro l’orizzonte da dare alla nostra battaglia contro i populisti: insistere su crescita e investimenti. Continuare la battaglia per ridurre le tasse. Semplificare il Paese dando tempi certi alla giustizia civile e alla pubblica amministrazione. È un lavoro che abbiamo appena iniziato ma che stiamo dettagliatamente strutturando, lavorando su molti dossier. Abbiamo dimostrato di poter cambiare le cose, nella prossima legislatura dovremo completare il lavoro con metodo e le persone giuste al posto giusto».
Segretario, la cronaca politica parla di una disponibilità dei principali partiti ad andare a votare in autunno, nel caso si riesca a varare la legge elettorale. Ma per quale idea di Italia eper quale priorità programmatica?
«Prima di parlare della data delle elezioni a me interessa capire cosa dobbiamo fare oggi. In questo momento per me la priorità numero uno, più della legge elettorale, più degli ottimi dati Istat su occupazione e crescita, più della data delle elezioni, è la questione delle banche venete. Non mi interessa la banca in quanto tale: sono stato tra i primi a chiedere l’azione di responsabilità contro i vecchi amministratori. Mi interessa il Nord Est, le sue famiglie, le sue imprese. Un tessuto sociale e imprenditoriale generoso che con passione è volontà ha sempre spinto in avanti l’Italia. Il Paese deve molto al Nord Est. Voglio essere esplicito: qualsiasi forma di eventuale risoluzione di queste banche andrà respinta con tutte le forze. L’Italia intesa come sistema politico e economico deve dire di no a questa ipotesi, figlia di una visione algida e burocratica della realtà. O peggio ancora figlio di un disegno finalizzato a prendere asset di un territorio che è tra i più ricchi e operosi del continente. Nell’uno e nell’altro caso vorrei che tutte le istituzioni, a cominciare da quelle del territorio, si unissero per salvare le due banche senza riguardo al colore politico ma giocando tutti con la maglia tricolore».
Proprio la Germania ha assistito le sue banche molto di più di noi durante la crisi, ma ora ci blocca. Che cosa deve fare l’Italia?
«Intanto c’è un fatto tecnico. Se accettiamo i metodi con cui l’Unione Europea sta rivolgendosi alle banche venete dovremo chiedere che la Direzione generale competente usi lo stesso identico metodo per le banche tedesche. E a quel punto voglio vedere che cosa salta fuori. È davvero questo il desiderio della cancelliera Merkel, specie in questo periodo? La conosco come leader saggia e responsabile, non è senz’altro lei. Dunque, se c’è qualcuno che ha un piano preciso per creare difficoltà solo a Vicenza e a Veneto Banca, solo all’Italia, sappia che questo piano sarà bloccato. Dico di più: con quel modo di calcolare i parametri vanno in difficoltà anche alcune banche presunte solide francesi. Chi mandiamo a trattare a Bruxelles deve farsi sentire, a tutti i livelli. L’Italia non può accettare questo modo assurdo, unilaterale, di far male sempre e solo ai nostri istituti di credito. Sono europeista, convinto.Ma non sono disponibile a fare un danno al nostro Paese accettando criteri che vengono utilizzati per le banche venete e non per quelle tedesche».
Non c’è solo il problema venete. Serve anche una soluzione di sistema per gli Npl che pesano su tutte le banche…
«Sugli Npl parliamoci chiaro: ci sono interessi notevolissimi su questo business, come è giusto e ovvio che sia. Costringerci a svenderli in modo così violento, tuttavia, significa depauperare il patrimonio italiano. È assurdo, realmente assurdo. Presenteremo come Pd nelle prossime ore su questo un paper dettagliato alle autorità competenti, a cominciare da Banca d’Italia e ministero».
A proposito, lei è contrario alla conferma di Ignazio Visco alla guida di Banca d’Italia?
«Finché il governatore è Ignazio Visco collaboreremo con lui. Se e quando cambierà, collaboreremo con il suo successore. Ricordo a tutti che la nomina non dipende dal segretario del Pd, ma dal governo».
Con la vittoria di Macron in Francia, quale diventa la priorità per l’Europa? Quale è la misura concreta che chiederà all’Unione se sarà al governo?
«La vittoria di Macron come pure quella di Rutte in Olanda è un passaggio importante. Mala sfida inizia adesso. L’Europa deve scommettere sulla crescita e gli investimenti più di quanto abbia fatto sino ad oggi. E dovrà partire da un vero rilancio della difesa comune. Per noi del Pd è fondamentale per l’Italia fare un patto con Bruxelles per i prossimi cinque anni. Questi non possono riaprire tutte le volte tutti i dossier. E il piano deve vedere da un lato l’abbassamento del rapporto debito-Pll e dall’altro uno spazio maggiore sul deficit. La revisione della matrice ottenuta dal ministro Padoan è un primo passo in questa direzione. Lo spazio sul deficit va usato per ridurre la pressione fiscale: è davvero l’unico modo per crescere. E se vogliamo creare lavoro, bisogna crescere. Con i sussidi, l’assistenzialismo, il reddito di cittadinanza il Paese muore. Noi abbiamo infranto il tabù dell’articolo i8, il Jobs Act ha permesso la creazione di 854mila posti di lavoro, abbiamo riportato il Pil al segno più. Ma finché la disoccupazione non scende almeno sotto il 10%, finché quella giovanile non torna a livelli sopportabili, dobbiamo continuare a abbassare le tasse e a semplificare il sistema. L’austerity ci ha tagliato le gambe. La flessibilità ci ha rimesso in cammino. Se vogliamo correre dobbiamo per forza continuare ad abbassare le tasse. Andare avanti. Chi si ferma è perduto. Non possiamo sprecare questa legge di bilancio. Mi permetta una battuta. Molti di quelli che mi criticano accusandomi di pensare troppo all’interesse nazionale e dicono che i veri europeisti pensano solo all’ideale europeo dovrebbero vedere che cosa sta facendo in questo ore il nuovo governo francese su STX e Fincantieri. Rispetto chi è europeista al punto da cancellare dal proprio orizzonte il tema dell’interesse nazionale, ma io non sarò mai così».
Il governatore Visco ha chiesto uno”sforzo eccezionale” in particolare sulla riduzione del debito pubblico, ipotizzando un avanzo primario del 4% per un decennio. È una proposta che prende in considerazione? Ne ha di alternative? Recentemente lei ha accennato a un piano choc per la riduzione del debito…
«Noi stiamo lavorando a un Progetto che permetta per i prossimi cinque anni di ridurre il debito in modo significativo. La vera strada per la riduzione del rapporto debito – Pil, intendiamoci, è la crescita: non a caso se lei guarda i dati degli ultimi tre trimestri la curva del debito pil è scesa per sei mesi su nove. Basta crescere per invertire la tendenza. E purtroppo l’austerity ha ucciso la crescita facendo ulteriormente esplodere il debito in un circolo vizioso assurdo. Tuttavia abbiamo deciso di fare di più. Presenteremo un’iniziativa che consenta ai cittadini di avere forme di rendimento sicure e solide anche attraverso la partecipazione ai beni immobili e mobili che costituiscono il patrimonio dell’Amministrazione centrale e degli Enti Locali. Questa soluzione è potenzialmente win win. Perché riduce i costi del debito e aumenta la credibilità del Paese, ma consente anche allo stesso tempo di avere una forma di rendimento sicura per il nostro risparmio. La Cdp avrà un ruolo strategico in questo disegno. Stiamo seguendo questo progetto con professionalità di prim’ordine. L’importante è presentarlo in Europa chiedendo nello stesso momento margini di flessibilità maggiori. Del resto se tranquillizziamo i mercati sul debito e sulle banche per l’Italia cambia moltissimo».
Il presidente di Confindustria Boccia ha proposto come misura chiave di “un patto per la crescita” l’azzeramento del cuneo fiscale per l’assunzione di giovani. Questa misura la trova d’accordo o pensa che la politica fiscale e quella per la crescita debbano avere altre priorità?
«La prima misura è semplificare, semplificare, semplificare. Certo, serve un ulteriore incentivo fiscale. Per noi del Pd la vera scommessa è continuare a buttare giù la pressione fiscale, sul cuneo certo ma anche sulle famiglie. Perché con le imprese abbiamo lavorato moltissimo in questi anni, con le famiglie si può e si deve fare di più. Ne discuteremo confrontandoci con tutti a cominciare dal presidente Boccia e da Confindustria sul merito delle varie possibilità. Ma per continuare a lavorare sulle tasse occorre prendere respiro a Bruxelles, mantenendo la curva del debito in discesa. Quello che è certo è che l’aumento dell’Iva va bloccato a tutti i costi».
In queste ore, con i dubbi avanzati dal M5S sul sistema di voto alla tedesca, sembra esserci un rallentamento sulla legge elettorale. Il patto tra i partiti rischia di saltare?
«Il fatto che ci sia un patto tra i quattro partiti più grandi è un fatto positivo per le istituzioni. Una pacificazione istituzionale che permetterà agli italiani di andare a votare in modo condiviso. Io avrei scelto un’altra legge elettorale ma sono pronto a seguire la strada del tedesco: non credo che il patto crollerà. Noi saremo molto serie rigorosi. Lo sbarramento al 5% è un fatto importante per la stabilità del sistema. Comprendo la rabbia politica del ministro Alfano. Comprendo un po’ meno la reazione scomposta e gli insulti personali, ma non mi stupisco più di nulla, ormai. La politica però chiama alla responsabilità verso il proprio Paese. Se c’è una legge condivisa, che ha lo sbarramento a15% per evitare i veti dei partitini, credo che sia impossibile non accettarla. Come si fa a dire no a una proposta che pure non è la mia quando da Fratoianni a Salvini, da Grillo a Berlusconi tutti si dicono pronti a votarla? Quelli che non sono d’accordo hanno un’alternativa votabile? Poi se qualcuno cambierà idea lo dirà agli italiani. Ma certo il Pd non può cercare di sabotare un accordo istituzionale ampio al quale ci ha richiamato più volte il Capo dello Stato. Si dice che non c’è la certezza del voto la sera delle elezioni: è vero, non c’è. L’unico modo per avere questa certezza era far passare il referendum del 4 dicembre. La sconfitta del sì ha provocato una frattura i cui effetti sono sempre più chiari. Capisco quelli che dentro al Pd vorrebbero un’altra legge elettorale. Li capisco e per primo io sognerei un sistema diverso. Ma domando loro: con quali voti? La politica è concretezza e responsabilità. L’accordo di tutti i principali partiti è benvisto dagli italiani. Chi dirà di no dovrà spiegarlo ai cittadini».
Torniamo al rapporto con Gentiloni. Sarà l’attuale governo a varare la legge di bilancio? Bisogna sterilizzare le clausole di salvaguardia fiscale o far aumentare l’Iva e avere più risorse per lo sviluppo?
«Il governo Gentiloni è un governo che ha marcati tratti di continuità con il precedente. Metterlo in discussione mi è dunque politicamente oltre che umanamente impossibile. Quindi sostegno pieno al governo che tra l’altro su periferie, pensioni, povertà, Pir, iperammortamento sta lavorando nel solco tracciato insieme. La data delle elezioni interessa solo agli addetti ai lavori. Votare a settembre o marzo cosa cambia per i cittadini? Nulla. Anzi, se votiamo dopo possiamo finalmente far partire la Commissione di Inchiesta sulle Banche così vedremo una volta per tutte le reali responsabilità nel mondo del credito italiano. Io ci sto. L’unico nodo da sciogliere è fare una legge di bilancio che sia in linea con quelle degli ultimi tre anni. Parliamoci chiaro: se i dati tornano positivi è perché abbiamo investito in Industria 4.0, nell’abbassamento delle tasse, nella cancellazione dell’Irap sul costo del lavoro, sui Pir e su molto altro. Abbiamo cioè fatto leggi di bilancio che hanno stimolato la crescita. Dunque per noi del Pd la legislatura va avanti fino alla fine naturale o fino a quando il Parlamento non avrà difficoltà a procedere nelle proprie attività. Ma quello che gli italiani devono sapere è che nessuno aumenterà le tasse, nessuno farà scattare le clausole di salvaguardia, nessuno si permetterà di bloccare il progetto di questi anni. L’Italia deve andare avanti, non fermarsi. E l’Europa ha bisogno di noi».
Fonte: Il Sole 24 Ore