La centralità della formazione per un “partito pensante”
Uno degli aspetti più significativi della mozione Renzi-Martina, ci racconta Riccardo Nocentini su Unità.tv, era rappresentato dall’importanza che veniva data alla selezione e formazione di una nuova classe dirigente, tra gli obiettivi veniva proposto un seminario nazionale per 300-400 ragazzi di 6 mesi ed una summer school. Dopo il risultato delle primarie servono azioni concrete, non solo perché la proposta è risultata vincente con il 70% dei consenti, ma sopratutto perché, andando a scomporre il voto delle primarie, solo il 15% era di età tra i 16 e i 34 anni, gli over 65 invece sono stati il 42% (fonte: candidate & keader selection 30 aprile 2017. Questo tema merita una riflessione più ampia su chi vogliamo formare e come.
Tra i compiti di un partito fondamentale rimane quello della formazione e selezione della classe dirigente, ma questo non significa limitarsi ad una preparazione rivolta a compiti istituzionali elettivi. E’, forse ancora più importante, preparare personale politico in grado di dedicarsi in modo competente e consapevole al partito senza automatici sbocchi istituzionali.
É bene essere chiari, in una società sempre più complessa e insieme frammentata, il ruolo che il partito può svolgere non è quello di una formazione esclusiva della propria classe dirigente, perché non ne avrebbe le forze. Può invece essere un catalizzatore di esperienze associative, professionali e intellettuali, di aspirazioni di movimenti che portano avanti battaglie sociali, ambientali e per l’affermazione di diritti civili. La formazione che un “partito pensante” può portare avanti è quella di uno scambio orizzontale, capace di generare apprendimento organizzativo e insieme una base comune per la definizione delle politiche da realizzare.
É bene essere chiari, in una società sempre più complessa e insieme frammentata, il ruolo che il partito può svolgere non è quello di una formazione esclusiva della propria classe dirigente, perché non ne avrebbe le forze. Può invece essere un catalizzatore di esperienze associative, professionali e intellettuali, di aspirazioni di movimenti che portano avanti battaglie sociali, ambientali e per l’affermazione di diritti civili. La formazione che un “partito pensante” può portare avanti è quella di uno scambio orizzontale, capace di generare apprendimento organizzativo e insieme una base comune per la definizione delle politiche da realizzare.
Deve cambiare anche la nostra idea di classe dirigente, non più intesa come un gruppo di persone che governano dall’alto come in una piramide, ma comunità di donne e uomini al servizio dello Stato (civil servant) che considerano una virtù politica rovesciare la piramide e sentirsi al servizio di tutti. Non si dirige, si serve e, attraverso la rete degli attori istituzionali economici e sociali, si costruisce la visione della comunità nella quale vorremmo vivere.
Per muoversi all’interno delle contraddizioni di una società fluida nell’era della così detta “post verità”, un partito deve rinunciare a qualsiasi tentazione verticistica, e impegnarsi a costruire luoghi, contenitori fisici -anche recuperando le sedi storiche del partito- ma anche virtuali, all’interno dei quali le intelligenze individuali e collettive coinvolte possano interagire e creare nuove idee.
Senza la costruzione di un autorevole e autonomo spazio politico, una struttura organizzata per funzioni e presente ai vari livelli(nazionale, regionale, di area vasta, zona e comunale), ma anche reticolare come le connessioni del pensiero, dove gli iscritti e elettori possano sentirsi parte di un tutto, è difficile dare costruire quelle competenze necessarie ad una nuova comunità di civil servant capaci di formulare e realizzare le politiche pubbliche di cui ha bisogno l’Italia