Il Pd alla prova delle primarie: l'obiettivo è portare due milioni di persone ai gazebo
L'affluenza è la chiave di questa 'tornata' di primarie. Renzi favorito, ma se non dovesse superare il 50% delle preferenze l'elezioni in Assemblea del segretario potrebbe riservare sorprese, ci racconta Monica Rubino su Repubblica.
È tutto pronto per le primarie del 30 aprile. I candidati con le rispettive mozioni congressuali ci sono, i gazebo e le schede per votare pure. Quello che potrebbe scarseggiare, rispetto alla precedente tornata del 2013, sono proprio i votanti. Il 3 aprile, al termine del congresso dei circoli in cui il voto era riservato ai soli iscritti, il Pd ha fatto i conti e ha celebrato un'affluenza del 59,29 per cento, sottolineando come sia stata superiore a quattro anni fa, quando arrivò al 55,34 per cento. Tuttavia, sotto il profilo dei numeri assoluti, nel 2013 i tesserati erano 539.354 contro gli attuali 449.852. Quindi il calo di partecipazione è stato di oltre 30mila iscritti.
Un dato non certo confortante in vista del voto aperto a tutti, militanti e semplici simpatizzanti dem. Il partito spera che alle urne ci vadano almeno due milioni di persone. I numeri sono relativi, certo, ma se si dovesse scendere sotto questa cifra significherebbe che lo stato di salute della partecipazione intorno al Pd non sarebbe dei migliori.
Per i sondaggisti il dato sull'affluenza non cambierà di molto le cose: tutti sono concordi nel prevedere che l'attuale distacco tra i candidati sancito dal voto dei circoli (Matteo Renzi primo con il 66%, Andrea Orlando secondo al 25% e Michele Emiliano terzo all'8%) sarà confermato anche ai gazebo. Certo, qualora nessuno dei tre dovesse raggiungere quota 50% più uno dei voti, il leader sarà eletto dall'assemblea nazionale in base al maggior numero di delegati a lui favorevoli. A quel punto la partita si potrebbe riaprire e il risultato non sarebbe più così scontato.
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