Cinque buoni motivi per votare alle primarie


Non c’è un grande clima, si sa. C’è parecchia disinformazione (qui tutte le istruzioni). Eppure lo si diceva anche le altre volte, poi ai gazebo c’erano le file.

Al Nazareno si spera che l’attenzione possa crescere proprio dal dibattito di stasera. Perché più gente va a votare meglio è per tutto il Pd. La polemica secondo la quale a Renzi addirittura converrebbe una affluenza bassa è priva di senso: ma come, non era lui ad aver voluto quello che i suoi oppositori definivano “plebiscito”? E che “plebiscito” sarebbe con poca partecipazione ai gazebo?
Il problema dell’affluenza che sarà probabilmente più bassa delle altre volte è il segno dunque non dei machiavellismi di Renzi quanto di un evidente “riflusso” – si diceva così negli anni Ottanta – che domina nelle nuove generazioni ma non solo. Non è certo un momento di grande partecipazione alla politica. Non ci sono nemmeno grandi movimenti politici e sociali di protesta organizzata, al massimo una iperfetazione della cultura del vaffa che si fa partito (M5S) e che condiziona persino le scelte dei lavoratori (vedi Alitalia).
Dopodiché è ingeneroso e fuorviante dire che queste sono “primarie del nulla”, come ha scritto il politologo Piero Ignazi. Vero, non si è fatto tutto quello che si poteva fare per parlare agli italiani in un momento delicatissimo per un Paese alla ricerca di nuovi equilibri e nuove ricette. Massimo Giannini, su Repubblica, ha criticato molto queste primarie (anzi, le primarie in quanto tali) e qui c’è la risposta che su questo sito gli ha fornito Andrea Romano.
Il sondaggista Antonio Noto ha detto qualche giorno fa che molta gente nemmeno si è accorta che Renzi non è più segretario, per dire di quanto serio sia il problema dell’informazione su queste primarie. Molti altri ritengono che tanto vince Renzi e quindi è inutile votare.
No: per noi ci sono almeno 5 buone ragioni per andare ai gazebo domenica.
1) Il popolo del centrosinistra, gli elettori del Pd, sono usciti frastornati dal fallimento del 4 dicembre. Uno choc tremendo. Bisogna capire come si riannoda il discorso. Le primarie misureranno se la febbre del Pd è ancora alta o se si può ricominciare a fare politica. Aprendo una nuova stagione.
2) A fare politica, ma come? Con chi? Tutti dicono che vincerà Renzi: ma quale Renzi uscirà dai gazebo? Un Renzi che riparte come se nulla fosse stato o un Renzi più aperto? Dipenderà anche dall’intensità del consenso che egli sentirà attorno a sé, dal “calore” delle urne. Le primarie non sono un lavacro, sono una ripartenza, per chi crede in lui.
3) Oppure con Andrea Orlando. Che ha fatto una combattiva campagna per sostenere l’idea di un riformismo al tempo stesso più netto nei contenuti e più mite nei modi. Un suo buon risultato, secondo i suoi sostenitori – è questo il pensiero del più importante fra questi, Giorgio Napolitano – potrebbe arginare e correggere certi aspetti più arrembanti del renzismo. È un’altra opzione.
4) E c’è Michele Emiliano, protagonista di una campagna molto tosta (e purtroppo segnata anche da una serie di sfortune – l’incidente al piede – o addirittura da eventi tragici – la morte di un giovane collaboratore), un candidato molto radicale, un’alternativa netta a Matteo Renzi. Votare per Emiliano per molti vuol dire spostare a sinistra l’asse del Pd, un passaggio considerato da lui come necessario per riprendere il discorso dell’unità a sinistra. È un’altra opzione ancora.
5) C’è infine la ragione più forte per andare a votare: fare del 30 aprile una giornata di mobilitazione contro il populismo, l’intolleranza, l’anti parlamentarismo, l’antieuropeismo. Un momento che va oltre la contesa fra i tre. Una scadenza politica che va persino oltre il Pd. Contro la destra, anzi, le destre. La Francia sta dando segnali precisi, in questo senso. Ora, in una misura diversa, tocca a noi.
Mario Lavia per l'Unità.

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